Ricostituzione boschiva pineta del Carmine

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ERBACCE, SCHELETRI DI PIANTINE RINSECCHITE dall’aridità e i contenitori di plastica abbandonati.
Le foto documentano quello che rimane dalla piantumazione del versante del Carmine.

In seguito al grave incendio del 2007, nel versante del Carmine è stato fatto un notevole lavoro di messa in sicurezza, di bonifica, di gradonatura e di terrazzamento.
Si tratta del progetto:
“Interventi idrogeologici di consolidamento e messa in sicurezza dei versanti franosi limitrofi al centro abitato” – Intervento POR 2000-2006 Asse I Mis.1. 3 Difesa del suolo, nella parte ricadente, in località “Cuccureddu” in prossimità dell’abitato di Villacidro, percorsa da incendio in data 06.07.2004.

In quell’occasione sono state messe a dimora varie essenze (leccio, carrubo, olivastri, e qualche pino).
Una nota: LA PIANTUMAZIONE E’ STATA FATTA NELL’APRILE 2009.
Ricordiamo che recentemente era stato rimboschito il versante di M Omo CON ESITO FALLIMENTARE, anche lì le piantine erano state messe a dimora a primavera avanzata.

Oggi si sfidano nuovamente gli agenti atmosferici: nel mese di MARZO 2010 c’è stata una nuova piantumazione nel versante di m. Omo a sostituzione di quelle piantine secche di cui abbiamo parlato sopra.

Domanda. Perchè non è possibile fare oggi con pingui finanziamenti pubblici e sfoggio di tecnologie quello che riuscirono a fare le amministrazioni comunali a fine 1800, quando crearono la pineta attorno al paese?????????

La STORIA DELLA PINETA:
L’amministrazione Giuseppe Pinna-Curreli a fine 1800 aveva messo a dimora oltre 130.000 pini, altri furono impiantati successivamente.

IL ROMANZO

La storia di San Silvano è quella delle sue piante. Sarebbe in tutto simile agli altri paesi di Parte d’Ispi, San Silvano, senza i suoi agrumeti, i mandorleti, le piante da frutto, i pini e i cipressi. Doveva essere ancora rozza, la sua gente, quando si lasciò contagiare da questo amore per gli alberi. Sui monti non c’erano che boschi di querce, allora, o i loro resti; sulle colline e nel piano gli antichi ulivi. I campi erano chiusi da siepi di fichidindia e di lentischio.
Solo la valle del Narti conserva ancora oggi questo aspetto primordiale; ma la sua imboccatura è assediata da una rigogliosa vegetazione fluviale. Appena esci da questa valle deserta, vedi, tra gli ulivi, sul greto del fiume, gruppi di alti eucalipti, canneti di un verde più pallido, quasi celeste, ciliegi meli peschi e pini, pini dappertutto, questi alberi nuovi, e tutti della stessa età, press’a poco, più giovani di qualche anno di quelli della pineta che circonda il paese. Infatti per venir su, questi pini isolati nella campagna, hanno dovuto aspettare che cessasse l’ostilità dei Sansilvanesi, che erano stati per molti anni loro nemici.
Mai il nonno Uras aveva trovato tanta difficoltà a vincere l’ostinazione dei suoi amministrati come quando si era trattato di piantare la pineta. I consiglieri comunali s’eran chiusi nei loro cappotti d’orbace e avevano opposto un reciso diniego; e non ci fu modo di convincerli. Si faceva un gran parlare della proposta del Sindaco, a San Silvano.
A che cosa potevano servire quegli alberi che non davano frutto? e quando mai s’era visto che un comune si mettesse a piantar pini? San Silvano aveva le sue foreste (qui i Sansilvanesi si facevano silenziosi pensando che il recupero di tali foreste lo dovevano appunto allo stesso uomo che voleva piantare i pini ai piedi di Monte Or e dell’Arcuentu), foreste che erano sempre state, anche quando San Silvano non era altro che quattro capanne di pastori e di caprai intorno alla chiesa; e gli bastavano, a San Silvano, le sue foreste. (G Dessì, S Silvano)

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