La manovra spiegata in televisione crea il caos nella pubblica amministrazione
I commedianti propongono di accorpare i piccoli comuni e la soppressione del sistema delle province senza avere un’idea di quel che succederebbe per i servizi, gli addetti e gli utenti. Tanta improvvisazione per nascondere quell’Italia che ha sperperato ed è organizzata con 7.000 Enti costituiti per avere mano libera e aggirare le regole a cui sono sottoposte le province e comuni.
In un periodo di carestia, non si può trattare il riordino dello Stato come un osso da buttare in mezzo ad una muta di cani esasperati. Non possiamo accettare questo ricatto, perché sono i responsabili a dover pagare. Fino qualche settimana ci dicevano “Spendete, spendete che l’economia è solida”. Non hanno mai prestato attenzione alle attività produttive per creare le condizioni per una seria ricrescita ed in un batti baleno, dopo aver creato sconforto e scoramento tra la gente, ci hanno detto “Ci siamo sbagliati”. Questo governo ha fatto liberamente le sue scelte e i cittadini non sapevamo nulla di quello che stava succedendo. Hanno potuto fare quello che volevano, e adesso non possono chiedere ai cittadini di pagare i loro errori. Ora son loro che devono pagare perché avendo fatto male i governati ed avendo portato l’Italia al fallimento devono risponderne. Meritano di andare subito a casa. Le comunità stanno vivendo la crisi che loro hanno creato. Dobbiamo saper reagire e ricordarci di questo assurdo trattamento.
Come fatto eclatante di risanamento del sistema Italia, propongono la chiusura dei piccoli comuni e delle province. Ma neanche loro ci credono, però devono confezionare qualcosa per fronteggiare il disastro creato. Poi se loro con quelle confuse argomentazioni creano imbarazzo e scoramento tra i lavoratori di questi enti chi se ne frega! Tremonti addirittura fa dell’ironia. Per dire che il decreto legge per le misure anti-crisi non va nella giusta direzione voglio portare qualche dato perché lo sperpero è da ricercasi da altra parte: Il personale politico delle 107 Province ammonta a circa 4 mila amministratori provinciali, per un costo pari a 113 milioni di euro (dati Siope 2011). Il costo complessivo della politica in Italia (organi costituzionali, a rilevanza costituzionale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, uffici di diretta collaborazione, Regioni, Comuni e Province) è pari a 6 miliardi e 500 milioni di euro. (Fonte, Bilancio preventivo dello Stato 2011). Vuol dire che con il costo della politica nazionale si coprono i costi della politica delle Province per 60 anni. Ma siccome dobbiamo fare anche delle proposte diciamo: cosa si può tagliare subito per risparmiare. In questo momento esistono oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione, che impropriamente esercitano funzioni tipiche di Province e Comuni. Il costo dei compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Società pubbliche o partecipate nel 2010 è pari a 2,5 miliardi. Eliminarli consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le Province. 318 mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione. Per consulenze, incarichi, collaborazioni e per le spese dei vari comitati e commissioni, lo Stato ha speso nel 2009 circa 3 miliardi di euro.
Se è vero che abolire le Province ed i piccoli comuni produrrebbe solo caos, è necessario riformare e razionalizzare il sistema delle autonomie locali, per rendere più efficiente da subito la Pubblica Amministrazione. Lo stimolo alla ripresa delle attività produttive deve venire soprattutto dagli enti locali. Il territorio va interamente coltivato per creare ricchezza a ritorno immediato, che poi è quella che ci manca. Ci tengo a dire che nella settimana di Ferragosto nel Medio Campidano, mentre le altre istituzioni sono in ferie, per il salvamento a mare, per il presidio del territorio, per spegnere gli incendi e per assicurare la collaborazione nelle feste popolari è il sistema provincia, con i suoi operatori ed i suoi volontari a garantire la sua presenza ed i servizi. Un caso emblematico: ieri 16 agosto, alle ore 20 e 34 minuti, il coordinatore della Protezione civile mi dice: “Stiamo spegnendo un incendio a San Gavino, è presente la Provincia ed i volontari; ma niente Stato, niente Regione e niente Comunità locale”. Cosa aspetta il governo di Roma a varare la Carta delle autonomie per eliminare gli Enti doppione? Questo Codice sarebbe più utile degli istrioni di turno, che pur essendo i più pagati d’Europa, fanno proposte che mettono in ansia la povera gente!
Fulvio Tocco
Villacidro.info – domenica 28 agosto 2011
….complimenti per l’analisi imparziale e per nulla politica. Visto che ora abbiamo scoperto che le provincie non costano poi così tanto, possiamo farne anche altre. Una provincia per poco più di 100.000 abitanti era ed è semplicemente ridicola. La soluzione migliore per rivendicare determinati servizi sul territorio sono associazione di comuni che abbiano le stesse peculiarità e le stesse attività economiche; ovviamente associazioni senza nessuna indennità di carica e di cui potrebbero far parte sia sindaci che consiglieri comunali.
Va bene togliamo le indennità e poi vediamo se così si arriva a fine mese o se aumenta l’occupazione. Scmmettiamo che i problemi restano tali quali?
chi è che non arriva a fine mese? i consiglieri e assessori provinciali? …e chi se ne frega; mica sono diversi dagli altri che devono andare a lavorare o che il lavoro non lo hanno proprio…
Normale che resterà tale e quale perchè prima si dovranno pagare i debiti accumulati da anni,i benefici incominceranno a vedersi dopo anni e in tutti i casi si evitera’ di accumulare ulteriore debiti e sprechi.
La manovra’ finanziaria non è per il singolo ma per la collettività intesa come stato.
Questa parola a molti non piacerà,credo che sia meglio nonostante cio’ collaborare per la sua salvezza perchè la bancorotta di uno stato non farà perdere solo la sua credibilità ma il sostentamento per tutti:niente piu’ stipendi,niente piu’ pensioni,niente piu’ investimenti,niente sanità.
Immaginate una nave alla deriva con acqua e vitto solo per qualche giorno cosi’ sara’ il nostro destino se non si fa qualcosa subito.
Iniziamo con il togliere le provincie, poi il resto…
La storiella dell’eventuale eliminazione delle piccole province è solo fumo negli occhi. Serve per coprire i buchi dovuti a scelte ben più radicali, non fatte. Basta vedere quante manovre economiche vale l’evasione fiscale in Italia.
Manovra e cassette di sicurezza svizzere.
La “manovra” del governo italiano, nei tre anni 2011 – 2013 vale circa 54 miliardi di euro. Dopo di che si avrebbe il pareggio di bilanco (non è vero, ma facciamo finta che sia così). Per oltre l’80/90% i 54 miliardi saranno prelevati dalle tasche dei lavoratori. Una buona percentuale sarà a carico delle regioni e di altri enti pubblici (che “lo faranno pagare” ai cittadini sotto forma di minori servizi) e delle aziende private che lavorano. Il resto lo metteranno, e col sorriso degli eroi generosi in bocca, la casta, gli evasori fiscali fidelizzati, e qualche altro buontempone che gira l’Italia in barca (ma lo sconterà all’equi-paggio!).
Ed ecco la notizia che “nessuno si aspettava”!!!
Manovra e cassette di sicurezza svizzere.
Da qualche settimana le voci di nuove fughe di capitali circolano con insistenza tra Lugano e la piazza milanese. La notizia più curiosa riportata dai giornali riguarda le cassette di sicurezza esaurite nella cittadina ticinese. Certo è che l’assalto ai riservati forzieri svizzeri continua. Il gruppo elvetico Julius Baer, che opera nel private banking, lo scrive nero su bianco in una newsletter di agosto: “Nelle ultime settimane molti colleghi testimoniano una crescente richiesta di informazioni da parte di cittadini italiani (preavvertiti dal brindisi di sod-disfazione del signor Berlusconi, ricordate?-ndr) desiderosi di trasferire in conti esteri gli averi attualmente depositati presso banche italiane”.
Nella paginetta si sottolinea poi che “l’apertura di conti esteri da parte di cittadini italiani non incontra nessuna limitazione”, si spiegano le moda-lità di apertura dei conti (nominativo o fiduciario) e si precisano i vantaggi fis-cali e per la riduzione del rischio paese. Riferisce Francesco Tarabini Castellani della Vontobel Asset Management che “alcuni cittadini italiani stanno valutando la possibilità di trasferirsi in Svizzera”. Difficile dire quanti quattrini di origine italiana riposino nelle banche oltre confine: la stima oscilla tra 130 e 230 miliardi di euro. (con un prelievo fiscale pari a quello che si fa sul meccanico della Fiat, si farebbero 2 o 3 (o 4?)manovre come quella di questi giorni, e si andrebbe dalla Merkel a dirle di farsi gli affari suoi e sentenziare un po’ meno.- ndr)
Più facile il calcolo complessivo dei capitali stranieri in Svizzera: a fine maggio si arrivava a 3.670 miliardi di euro. Tra Italia e Svizzera manca ancora l’accordo fiscale tra governi. Germania e Gran Bretagna l’hanno siglato da poco.