CAGLIARI. Su quei pezzi di metallo accartocciato, recuperati nel mare di Capo Ferrato i primi giorni del marzo 1994, è scritta la storia della scomparsa dell’elicottero della Guardia di finanza Volpe 132 e della fine del suo equipaggio: il maresciallo Gianfranco Deriu, 42 anni, di Cuglieri, e il brigadiere Fabrizio Sedda, 28 anni, di Ottana. Ai carabinieri del Ris era stato affidato il compito di decrittare, con le loro sofisticate tecniche, quella storia senza parole.
Nel febbraio del 2005 il sostituto procuratore della Repubblica di Cagliari Guido Pani aveva affidato i pezzi di lamiera, recuperati in mare nelle ore successive alla tragedia, al Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma e al professor Donato Firrao, del Politecnico di Torino. Il quesito era verificare l’esistenza di tracce di esplosivo. Un accertamento fondamentale in questa inchiesta infinita sulla fine di due uomini in divisa, inghiottiti nel buio vortice del nulla nella rada di Feraxi, in una sera limpida di maestrale. Perché risolverebbe definitivamente il dubbio se si sia trattato di un misterioso incidente o se l’elicottero sia esploso in volo. Cioè sia stato abbattuto. Ebbene, il Ris e il professor Firrao, dopo esami complessi e sofisticate prove di laboratorio, hanno condensato il loro lavoro e le loro conclusioni in una relazione consegnata nei giorni scorsi al procuratore Mauro Mura e al suo sostituto Guido Pani. Impossibile però conoscere il risultato di questi accertamenti, perché la procura della Repubblica di Cagliari ha secretato il documento. Mura è laconico: «Non posso dire nulla sul contenuto della relazione». Ma il fatto che la consulenza non sia stata presentata il 26 ottobre scorso nell’udienza davanti al gip e non sia stata messa a disposizione dell’avvocato Carmelino Fenudi (che rappresenta le famiglie di Deriu e Sedda), può avere un solo significato: contiene elementi nuovi che possono portare a importanti sviluppi d’indagine. Il procuratore non spiega il perché, ma ammette: «Sì, la consulenza è stata secretata». Avaro di parole anche l’avvocato Carmelino Fenudi che sceglie un profilo prudente. Ma che alla fine pone una domanda “pesante”: «Se gli accertamenti avessero dato esito negativo, la procura non avrebbe avuto alcun motivo per secretarli». Ragionamento a contrario: su quei pezzi di lamiera e di alluminio ci sono tracce di qualcosa che potrebbe indirizzare l’inchiesta fuori dalla nebbia dell’indeterminatezza, sciogliendo così i dubbi. E potrebbe far mutare i capi d’imputazione per i quali si è proceduto sinora. Cioè disastro aviatorio e omicidio colposo plurimo. A questo punto si sposterebbe inevitabilmente l’obiettivo delle indagini: non più cercare di capire cosa sia accaduto quella sera, ma tentare di scoprire chi ha abbattuto l’A-109, uccidendo due servitori dello Stato.
La secretazione modifica perciò radicalmente lo scenario investigativo, pone le premesse per una nuova lettura degli atti prodotti fino a oggi e, soprattutto, rafforza la credibilità dei quattro testimoni oculari. Testi che, è bene ricordare, sono stati sottovalutati dalle autorità militari nella loro inchiesta e poi perfino rimossi nella relazione finale. Si tratta di Giovanni Utzeri, Gigi Marini, Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu. Il primo è un giardiniere di Feraxi con un passato di emigrazione e di lavoro in miniera. Il secondo è un operaio di Villacidro in pensione con l’hobby della pesca. Il terzo era il presidente della cooperativa pescatori di Feraxi ed ex assessore comunale a San Vito. Il quarto, infine, è un capraro originario di Burcei. Vite parallele di persone normali. Uomini che non avevano evidentemente alcun interesse a raccontare storie fantasiose. Nelle loro parole senza reticenze c’è esattamente quello che videro e quello che sentirono la sera del 2 marzo 1994 tra le 19,30 e le 20. Le differenze nei loro racconti, alla fine, sono solo dettagli: lo scenario che le quattro testimonianze compongono ha infatti quelle piccole asimmetrie che derivano dai diversi punti visuali. I rumori sentiti e raccontati, di conseguenza, sono la risultante delle alterazioni dovute al rapporto della posizione fisica dei quattro con il vento di maestrale. C’è perciò chi ha sentito un boato e chi un tonfo, chi ha visto un bagliore e chi una fiammata. Ma la rivalutazione delle loro dichiarazioni riporterebbe al centro dell’inchiesta il cuore di tenebra di questa vicenda di omissioni e morte: la presenza di una portacontainer nella rada di Feraxi, la sera del 2 marzo 1994. I militari della base di Perdasdefogu e la Finanza hanno sempre smentito la circostanza, ma tre dei quattro testimoni oculari hanno parlato dettagliatamente della nave. Arrivando addirittura a riconoscerla nel mercantile Lucina che, il 7 luglio dello stesso anno, fu teatro dell’orribile mattanza dell’equipaggio nel porto di Djendjen. La giustizia algerina accusò e condannò alcuni presunti terroristi del Gia, ma la misteriosa sparizione di 600 tonnellate di carico fece pensare a un oscuro traffico di armi.
Se dunque Volpe 132 è stato abbattuto, il legame con quella nave che si dileguò nella notte subito dopo l’esplosione, diventa fortissimo. E allora diventano fondamentali gli interrogativi su modus operandi e movente del duplice omicidio. Prima di tutto chi ha sparato aveva i mezzi per farlo e soprattutto aveva una motivazione forte per eliminare l’elicottero. Tradotto in altre parole, ciò significa che aveva un’arma adeguata e che la scelta feroce di sparare doveva essere proporzionata al segreto che si voleva nascondere. Quella nave era la Lucina o era la sua gemella Britannia? Le indagini non l’hanno ancora chiarito. Ma diventa sempre più probabile che la natura del carico della portacontainer doveva essere nascosta a tutti i costi. Reinterpretando tutto secondo la nuova chiave di lettura, non sorprenderebbe se arrivasse la conferma a quella che finora è stata una sensazione molto forte: alcune aree opache di ambienti istituzionali potrebbero essersi mosse per impedire che si svelasse un segreto tanto terribile da giustificare l’alterazione delle prove, come far sparire la carcassa dell’elicottero. Tanto terribile da coprire perfino la morte di due uomini dello Stato.
Villacidro.info – 6 novembre 2011 – Fonte: La Nuova Sardegna
Questo avvenimento mi ha fatto venire alla mente lo strano “incidente” successo al presidente dell’ENI, Enrico Mattei allorquando l’aereo che lo trasportava da Catania a Milano “esplose” misteriosamente nel cielo di Bescapè, togliendo dalla scena uno scomodo personaggio che voleva dare autonomia energetica e politica all’Italia. Suggerisco ai naviganti la lettura di un libro molto istruttivo:
M.Cereghino-G.Fasanella: IL GOLPE INGLESE.DA MATTEOTTI A MORO: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell’Italia- Ed.CHIARELETTERE.
Conoscere la storia aiuta a capire il presente e a progettare il futuro…