“30 anni al servizio di un amico”. Murgia Piero, imprenditore di Villacidro, racconta la sua triste vicenda

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Riportiamo la storia di un imprenditore villacidrese pubblicata sul proprio sito personale.

Le mie vicissitudini cominciarono nella seconda decade del mese di luglio del 2008. Solitamente il Gruppo ISA effettuava il bonifico delle competenze dei trasporti relativo al mese precedente verso il 10 di ogni mensilità e bene o male sino a quel momento erano stati sempre puntuali. Ma quel mese, inspiegabilmente il bonifico era in notevole ritardo. Quando chiedemmo loro delle spiegazioni ci risposero che stavano controllando i conteggi e che vi erano delle notevoli discordanze con ciò che avevano preparato loro e ciò che avevamo presentato noi. A questo punto bisogna premettere, per motivi di chiarezza, che tra il Gruppo ISA e la mia azienda non era mai stato sottoscritto alcun tipo di contratto o scrittura privata. Il nostro rapporto si basava sulla fiducia reciproca. Predisposero una cartina geografica della Sardegna, divisa per territorio, e a seconda delle zone in cui ci veniva commissionato il trasporto, bisognava applicare una percentuale sull’imponibile della merce trasportata, che poteva variare da un minimo di un 1,2% ad un massimo di un 4%. Inoltre, siccome queste percentuali erano state introdotte circa 15 anni prima, e di conseguenza non essendo più adeguate ai tempi, venne stipulato un accordo verbale tra gentiluomini, il quale, sanciva il fatto che quando la remunerazione del viaggio non fosse congrua, si dovevano conteggiare quantomeno le spese vive del trasporto. Si andò avanti così in pace e serenità per tanti anni. Tornando al fatidico mese di luglio 2008, quando ci chiamarono per dare dei chiarimenti sui conteggi da noi effettuati, illustrammo i contabili di fiducia del gruppo Isa, dicendo loro che gli stessi erano stati redatti solo ed esclusivamente in base agli accordi verbali esistenti da anni. Mai situazione fu più idonea a confermare il proverbio che le parole se le porta via il vento. Infatti negarono in maniera assoluta l’esistenza di alcun accordo verbale e che noi avremmo dovuto calcolare il nostro corrispettivo del trasporto soltanto in base a quella famosa cartina geografica della Sardegna. Si tenga presente, che se avessimo calcolato i nostri corrispettivi in base a quella cartina, non saremmo riusciti a coprire nemmeno il 50% dei costi di gestione. In quel frangente ci accusarono di essere dei ladri, di aver rubato soldi alla Isa per tanti anni e che finalmente era arrivato il momento di restituire il maltolto. Infatti come loro primo atto di giustizia nei nostri confronti ci obbligarono ad emettere una nota di credito di 50.000,00 (cinquantamila)euro, per errati conteggi effettuati sui trasporti relativi al mese di Giugno 2008. Lo stesso trattamento venne riservato anche ai nostri colleghi autotrasportatori, in maniera più o meno equa. Il mondo mi crollò addosso, non sapevo cosa realmente stesse accadendo, non avrei mai immaginato che quello era l’inizio della fine. Infatti dentro di me ero convinto, che magari ci avessero voluto dare una lezione morale e che poi tutto si sarebbe ricomposto. Mi accusarono di non seguire adeguatamente il lavoro della mia azienda per giustificare l’inadeguatezza delle loro tariffe, mentre in realtà l’andamento dei viaggi veniva seguito oltre che dal sottoscritto, anche dal mio personale 24 ore su 24, soprattutto per sopperire alle lacune organizzative della logistica del Gruppo ISA.

I miei più stretti collaboratori mi consigliarono, anzi, quasi mi supplicarono, di fermare il servizio di trasporto, perché altrimenti avrei prodotto solo perdite e col tempo si sarebbero sempre più ingigantite. Qualcuno mi consigliò anche di portare la nota di credito da un magistrato, perché a suo dire la stessa costituiva la prova del fatto che si poteva configurare il reato di usura. Ripensandoci a distanza di tempo penso che avesse ragione, perché ci obbligarono ad emettere quel documento, altrimenti mai e poi mai ci avrebbero eseguito il bonifico, che per noi era fondamentale per far fronte alle spese necessarie per poter continuare a lavorare. Ma io imperterrito, continuavo a riporre fiducia nell’azienda che ritenevo modestamente anche una mia creatura, avendola vista nascere. Penso di aver dato un notevole contributo, di risorse umane, morali e soprattutto economiche, a far si che sia diventata un impresa leader nel settore agroalimentare sardo. Purtroppo le cose non andarono come pensavo. Infatti nei successivi mesi di luglio e agosto il calcolo del conteggio del corrispettivo del trasporto venne effettuato solo ed esclusivamente dal Gruppo ISA, in base sempre alle percentuali di quella ormai famigerata e maledetta cartina geografica. Le perdite si incrementavano a vista d’occhio , infatti in due mesi, rispetto ai conteggi solitamente effettuati negli anni precedenti, fatturammo circa 200.000,00 (duecentomila) euro in meno. Per concludere nel corso di tre mesi accumulammo oltre 250.000,00 (duecentocinquantamila) euro di perdite. Si può facilmente immaginare la gravità della situazione aziendale con una perdita di tale rilevanza in soli tre mesi di gestione. Infatti nel mese di settembre, ormai privi di ogni risorsa finanziaria per poter continuare a lavorare decisi di bloccare il servizio di trasporto, non avendo più la forza di poter pagare le spese del gasolio e del personale e neanche per il sostentamento della mia famiglia.

Inviammo un fax al Gruppo ISA, nel quale comunicavamo di non avere più la forza nemmeno di riempire di gasolio i serbatoi dei camion (in quanto ad acqua ancora non potevano camminare, chissà se in futuro sarà possibile) di conseguenza eravamo costretti ad interrompere il servizio di trasporto. Inoltre diedi mandato al mio avvocato di richiedere al Gruppo ISA le differenze tariffarie da loro non corrisposte,nel corso degli ultimi cinque anni, secondo i criteri previsti dalla legge per le tariffe a forcella, che venivano quantificate in circa 3.000.000,00 (tremilioni) di euro. Il Gruppo ISA, per tutta risposta, nella persona del suo presidente, decise di andare in vacanza in Tunisia. Pareva quasi che per loro fosse una gioia essersi liberati di noi, testimoniata dal fatto che il suo maggiore esponente se ne andava tranquillamente in vacanza, quasi fregandosene altamente della grave situazione finanziaria in cui versava la mia azienda, che metteva in pericolo non solo il mio patrimonio, ma anche quello dei miei dipendenti, che in quel momento erano quasi cinquanta. Successivamente, abbiamo saputo da varie fonti, che contattarono tantissimi trasportatori, ma nessuno diede loro eccessiva importanza e che quindi non avendo a disposizione il ricambio necessario per sostituirci, durante il primo giorno di blocco stesso, mi arrivò la telefonata, da parte del presidente del Gruppo ISA, implorandomi di non bloccare i camion e che qualsiasi problema ci fosse, sarebbe stato risolto da gentiluomini al suo rientro dalle vacanze. Io ritenni la telefonata finalmente un passo indietro da parte loro e che fosse l’inizio per venire a capo di una situazione sempre più complicata e così riprendemmo il servizio di trasporto, pur tra mille difficoltà, stimolati dal fatto di aver ripreso, perlomeno ad avere un barlume di fiducia in più. Al rientro dalle vacanze, cominciarono le trattative, che venivano portate avanti per mio conto dal mio avvocato e da alcuni miei collaboratori, che pian piano si avvicendavano nelle trattative, perché quando diventavano scomodi per il Gruppo ISA, venivano esclusi dalle stesse. Ricordo, un incontro, al quale partecipai affiancato dal mio avvocato, nel corso del quale diedi libero sfogo a tutte le mie sofferenze patite negli ultimi mesi, esternando tutte le mie delusioni umane nei confronti della persona che fino a poco tempo prima ritenevo prima di tutto un amico. Alla fine di tutte le trattative arrivammo ad un accordo, che soltanto io ritenevo positivo, infatti tutti quanti mi sconsigliarono dal firmare accordi boomerang, che col passare del tempo si sarebbero ritorti contro di me, ma la voglia di riprendere a lavorare e sperare che tutto si sarebbe risolto era più forte di me. L’accordo prevedeva che io rinunciassi alla vertenza nei confronti del Gruppo ISA, si badi bene rinunciando a una cifra di circa 3.000.000,00 (tremilioni) di euro, in cambio di un versamento da parte loro, a titolo di parziale rimborso per le perdite subite in tre mesi, di 150.000,00 (centocinquantamila) euro e alla garanzia per un anno di vari acconti di anticipo sui trasporti da effettuarsi, oltre alla garanzia qualora fosse stato necessario di un prestito e infine alla sottoscrizione di un contratto scritto con nuove tariffe, che soltanto io ritenevo vantaggioso. Il tutto doveva essere controfirmato da un accordo scritto, ognuno delle parti davanti al proprio avvocato. Per festeggiare il tutto il presidente del Gruppo ISA, invitò me e la mia compagna in ristorante, per sancire una ritrovata amicizia e io devo ammettere che ero di nuovo felice. La sera in cui ci si doveva incontrare per mettere nero su bianco sull’accordo, l’amico che avevo ritrovato, scombinò nuovamente le carte.

Infatti, mi chiamarono da parte in una stanza senza il mio avvocato, dove l’amico ritrovato mi informava del fatto che non era più disposto a darmi 150.000,00 (centocinquantamila) euro, ma bensì solo 100.000,00 (centomila) e per quanto concerne gli acconti sui trasporti, li avrebbe versati soltanto qualora ne avesse avuto la disponibilità. Però, mi implorò di firmare, garantendomi, che mi avrebbe aiutato in qualsiasi maniera, dandomi la sua parola d’onore. In quel momento, mi trovai spiazzato e non sapevo che fare. Ricordo che telefonai al mio ragioniere, spiegandogli la nuova situazione e lui mi disse di prendere tempo, prima di decidere una situazione così importante. Alla fine, prevalse in me la fiducia che avevo sempre riposto, in tutta la mia vita, su questa persona che la ritenevo come sempre, prima di ogni altra cosa, un amico. Dopo la firma, mi sentii sollevato da un peso enorme, ero convinto di aver effettuato la scelta migliore e mi sentivo di nuovo pronto a riprendere in pugno la situazione. Per festeggiare la firma dell’accordo, andammo tutti in ristorante. Invitai anche i miei più stretti collaboratori e il mio avvocato, ma nessuno di loro accettò l’invito e notavo in loro una certa tristezza, che non riuscivo a giustificare. Infatti, avevo dimenticato il fatto, che loro erano pienamente contrari a controfirmare un simile accordo. Purtroppo, non tardai tanto neanche io a capire che forse avevo commesso una ingenuità madornale. Non passò nemmeno un mese dalla firma, che il mio ritrovato grande amico, quando mi vedeva passare, quasi mi evitava. Se cercavo di parlargli, aveva sempre fretta, dicendomi di rivolgermi ai suoi collaboratori, i quali si comportarono come Ponzio Pilato, se ne lavarono le mani. Ma come, pensai tra me e me, io ho chiuso al Gruppo ISA una partita da 3.000.000,00 (tremilioni) di euro, in cambio di un pugno di mosche, non è possibile che si comportino così! Cominciai a sentire puzza di bruciato anch’io. Purtroppo mi resi conto che avevo soltanto allungato la mia agonia. Infatti, durante quest’ultimo periodo di attività aziendale, dall’ottobre 2008 fino al novembre 2009, mi sono rivolto innumerevoli volte a loro per chiedere aiuto, sotto qualsiasi forma. Cercai di farmi aumentare le tariffe, perché il famoso contratto di trasporto che solo secondo me era un buon contratto, non era altro che l’ennesima fregatura. Innanzitutto perché loro non rispettarono alcune clausole dello stesso e poi perché la gran parte dei nostri camion effettuava il trasporto alla piccola clientela, per intenderci quella dove si scaricava a mano, oppure nelle zone delle strade strette dove occorrevano dei piccoli automezzi, che rendevano un buon servizio alla clientela, ma non erano assolutamente remunerativi per noi, perché non potendo caricare tanto, il valore della merce trasportata era quasi sempre scarso ed essendo pagati in base all’imponibile trasportato, alla fine il corrispettivo del viaggio non riusciva a coprire nemmeno i costi dello stesso. Feci presente tante volte questa situazione, ma mi rispondevano sempre che avrei dovuto licenziare dipendenti. Arrivai anche a fare quello, però le cose non cambiarono, perché i viaggi che ci commissionavano, in base a quelle tariffe solo raramente si dimostravano redditizi e succedeva che ciò che guadagnavi con un automezzo, lo riperdevi sugli altri. Chiedevo loro dei prestiti, in quanto, ero a corto di liquidità e ogni mese era una scommessa riuscire a pagare gli stipendi, il gasolio, i leasing e tutti gli altri costi di gestione. Ricordo di aver chiesto loro inizialmente un prestito di centomila euro, ma risposero immediatamente con un secco no. Successivamente provai a chiedere cinquantamila euro, poi trentamila, ma la risposta fu sempre la stessa .Finalmente mi resi conto della situazione. Pensai, ma dove era finita la parola d’onore del patron del Gruppo ISA, nonché mio grande amico, che per chiudergli una bella rogna da svariati milioni di euro, mi garantii che mi avrebbe aiutato in tutti i modi? Ma come, ti chiedo la misera cifra di trentamila euro, in prestito (misera per loro) , perché sto annegando e tu mi neghi un aiuto così misero. Tralascio altri particolari, situazioni e aneddoti che si susseguirono nel corso di quell’anno, perché altrimenti ci sarebbe da scrivere un romanzo. In conclusione arrivammo al mese di novembre 2009 superando milioni di difficoltà e imprevisti vari che purtroppo accaddero, perché le disgrazie non arrivano mai sole.

Feci un ultima richiesta di aiuto. Chiesi loro di gestire la mia azienda, di farne ciò che ritenevano più opportuno, praticamente gli consegnai le chiavi dei miei camion, acquistati e pagati nel corso degli anni con miliardi di sacrifici. Mi risposero che a loro non interessava gestire i trasporti, però per aiutarmi, secondo loro, mi proposero di vendere l’azienda. A tal proposito cercarono due acquirenti. Il primo non fece mai nessuna proposta concreta, mentre il secondo mi offrì una cifra che non avrebbe contribuito a pagare nemmeno la metà dei miei debiti. Ormai ero diventato un peso per il Gruppo ISA. I debiti che avevo accumulato raggiunsero cifre considerevoli e a questo punto era troppo tardi cercare di recuperare lo squilibrio finanziario della mia azienda. Purtroppo dovetti ripetere lo stesso gesto commesso l’anno precedente, comunicare alla Isa che, non essendo più in grado di sostenere le spese più elementari di gestione, mi trovavo costretto ad interrompere il servizio di trasporto. Solo che questa volta, non avendo più la possibilità di richiedere nessuna differenza tariffaria, come feci l’anno precedente, dopo la mia comunicazione di disdetta, dalla Isa non mi ha chiamato nessuno, come se per loro fosse stata finalmente una liberazione, l’essermi tolto di mezzo. Praticamente feci loro un favore.

Trascorso un mese circa dall’interruzione del servizio di trasporto, mi arrivo una lettera dal tribunale di Cagliari, in cui venivo informato che il Gruppo ISA mi aveva citato in giudizio per danni proprio a causa dell’interruzione dei trasporti.

CI VUOLE VERAMENTE CORAGGIO! OLTRE AL DANNO, LA BEFFA!

Ora mi ritrovo alla mia età, con un fallimento dietro l’angolo e il pericolo di perdere in un colpo solo tutto ciò che ho costruito in una vita di lavoro. L’unica speranza che mi rimane è che qualcuno si renda conto effettivamente della cattiveria e della povertà di sentimenti di questa persona che ritenevo un vero amico, anzi un fratello, che ha agito nei miei confronti quasi con una premeditazione criminale e che un giudice della nostra repubblica possa rendermi giustizia di tutti i torti che ho subito a causa di questa persona e che possa scrivere anche il finale di questa vicenda magari dicendo: e alla fine vissero tutti felici e contenti.

Murgia Piero

Memoriale interamente tratto dal sito: www.murgiatrasporti.it