“Egregio Presidente del Consiglio” è il titolo dell’editroriale di Paolo Mori pubblicato sulla rivista mensile Sherwood, del mese di marzo (n° 191), specializzata sull’albero, l’arboricoltura da legno e la foresta.
Si tratta di un articolo rivolto al futuro presidente del Consiglio scritto pochi giorni prima delle elezioni, un invito alla riflessione rivolta a qualsiasi parte politica. Un invito che condivido che è quello di “considerare le foreste e la montagna non come una palla al piede, ma piuttosto come una delle opportunità da cogliere per far ripartire il Paese da questa lunga crisi”. Nella sostanza si tratta di un appello che sento mio e che, in scala locale, ho già fatto a più riprese attraverso articoli e un dettagliato programma politico per la lista civica “Progetto Comune”, con il quale ho proposto un questionario rivolto alla popolazione villacidrese, i cui risultati dell’indagine sono stati pubblicati sul sito dell’associazione e su “www.mediocampidano.info”.
Paolo Mori ricorda che “le foreste italiane coprono oltre il 30% del territorio nazionale”, ed io voglio ricordare che le formazioni boschive coprono oltre il 41% del Distretto Forestale del Linas-Marganai (PFAR 2007) e circa il 74% delle terre pubbliche del Comune di Villacidro. Nel suo editoriale P.M. prosegue scrivendo: “per la gente comune, ma purtroppo molto spesso anche per il livello politico, le foreste sono associate ad argomenti negativi o problematici come incendi, inondazioni, frane e assistenzialismo”. Leggendo questa frase mi è venuto spontaneo pensare al vecchio detto: “tutto il mondo è paese”, perché questo collegamento ci è familiare e l’attenzione è evidentemente circoscritta a particolari impegni politici contingenti, non incidenti sullo sviluppo del territorio ed incapaci di vedere nel bosco e nella sua gestione le opportunità offerte dall’attuazione di un piano organico che integri le varie attività.
Proseguendo nella lettura si fa qualche esempio dei problemi e delle opportunità economiche che offrono le foreste Italiane, rispetto alle quali vorrei fare qualche utile parallelismo con quanto afferma Paolo Mori (testo virgolettato) per il territorio Nazionale e la condizione locale:
– “L’Italia ha sempre avuto problemi di approvvigionamento energetico” e la popolazione di Villacidro, come rilevato dall’indagine sopra citata, è una grande consumatrice di biomasse;
– “Con le nuove tecnologie è possibile riscaldare 4-5 unità abitative con il quantitativo di legno con cui fino a pochi anni fa si riscaldava una sola casa”: come evidenziato dall’indagine, a Villacidro le nuove tecnologie vengono utilizzate da una fascia ristretta della popolazione, le quali, avendo le biomasse a parità di energia contenuta un costo del 60-70% in meno dei combustibili fossili, farebbero risparmiare i consumatori, oltre ad offrire lavoro agli operatori forestali, ai venditori e manutentori degli impianti per la produzione di energia termica a piccola scala (Inferiore ad 1MWh).
– “un migliore collegamento tra attività turistico ricreative e foreste può determinare un indotto ben più importante e stabile di quello attuale”: questo si riallaccia a quanto ho esposto in diversi articoli riguardo al fatto che il mantenimento delle attività tradizionali , ben gestite, è funzionale al mantenimento del paesaggio, che come afferma P.M. è importante in quanto “i turisti stranieri arrivano in Italia non solo per le opere d’arte, ma anche per il paesaggio”;
– “una gestione attiva del patrimonio forestale può anche far risparmiare denaro allo Stato. Un territorio che è ben gestito infatti riesce a contenere meglio l’inevitabile evoluzione naturale che porta ogni anno il nostro Paese a rimodellarsi danneggiando strade, civili abitazioni e aree produttive. Frane e alluvioni catastrofiche si possono evitare.” Aggiungerei che nelle nostre condizioni climatiche una gestione attiva eviterebbe qualche incendio catastrofico.
Concludo il commento con la frase conclusiva dell’editoriale che andrebbe rivolta tale e quale agli amministratori locali presenti e futuri: “non ci aspettiamo soluzioni estemporanee scelte sull’onda delle emozioni, ma la costruzione di un piano organizzativo e di un sistema che, con continuità e lungimiranza, possa crescere e consolidarsi oltre questa legislatura”.
Mariano Cocco
ma cosa ti sbatti ancora, non hai capito che questi meravigliosi amministratori, così solleciti a spendere i nostri soldi in consulenze qualificate, quando queste indicano vie he non collimano con i loro loschi piani affaristici, non esitano un’attimo a stravolgere le progettazioni e quindi a far fallire qualsiasi iniziativa?? d’altra parte non ci si può aspettare poi tanto da chi ha preferito abbandonare gli studi per buttarsi nel ricco piatto….
certo per loro le parole del nuovo Papa ” il potere è servizio” è espressione di un linguaggio INCOMPRENSIBILE..
e vorrei aggiungere che della montagna i nostri amministratori capiscono solo i porchetti e gli agnelli che si mangiano, e non pagano…I capretti no,
quelli se li sono barattati per una poltrona ed un pò di affitti….
ottimo commento di Mariano Cocco: il patrimonio forestale di Villacidro offre l’opportunità di creare sviluppo, non solo sul piano energetico ma turistico e altre attività economiche e sociali che si possono attivare nelle aree boschive. Purtroppo dubito molto che l’attuale giunta comunale abbia le capacità e la volontà di cimentarsi in imprese del genere: troppo complesse per esercitarne il controllo partitico, di scarso interesse rispetto ai grandi appalti per fotovoltaico e pale eoliche. E poi: perché andare contro gli affari di gas e petrolio Enel, in cui da anni uomini del Pd occupano gli scranni più alti?
Io ho sempre visto i boschi e il singolo albero come una creatura forte ma allo stesso tempo fragile, una risorsa da amare, rispettare e tutelare in prima analisi, e valorizzare in seconda. Secondo me un patrimonio va prima messo in sicurezza, e poi si può prendere in considerazione l’idea di “sfruttarlo”. Mi sono sempre augurato di non cogliere in flagrante un piromane, perché non sono sicuro di riuscire a considerarla una “persoa malata”, perciò continuo a sperarlo, ma devo essere onesto, quando ho visto gli scempi sulle nostre montagne, e le persone rischiare la vita per cercare di fermare le fiamme, non posso nascondere che mi siano passati per la testa i più terribili penseri per chi ha appiccato le fiamme e per tutte le sue generazioni. Io spero che le prossime amministrazioni prendano a cuore la tutela del nostro patrimonio boschivo, io sono cresciuto godendo dei boschi di monti mannu, ricordo le lunghissime passeggiate a villascema…le camminate verso murumannu…io pretendo che queste cose possano farle anche i nostri figli e i figli dei loro figli. Va da se che un tale patrimonio possa poi essere gestito in maniera intelligente e diventare ancora di più una risorsa, a prescindere dai colori delle amministrazioni, ma bisogna prima di tutto proteggerlo e educare i cittadini al suo rispetto, partendo dalle scuole e dalle famiglie.
Perché separare le cose: “Una risorsa da…… tutelare in prima analisi , e valorizzare in seconda”. “un patrimonio va prima messo in sicurezza e poi si può prendere in considerazione l’idea di “sfruttarlo””
Mettere in sicurezza come? Se aspettiamo a prendere la patente quando le strade saranno sicure avremmo tutti smesso di viaggiare.
Non può esserci un prima e un dopo, Quello che va salvaguardato è il bosco come patrimonio complesso, alla cui odierna conformazione ( che viene percepita come frutto di soli elementi naturali) non hanno concorso le sole componenti vegetali e ambientali, ma anche le attività umane produttive che erano numerose fino alla prima metà del 900. Pertanto un patrimonio, che è sia naturale che storico-culturale, viene tutelato ove occorre anche con il mantenimento delle forme di utilizzo tradizionali e l’osservazione delle regole che hanno consentito la conservazione di quello che comunemente percepiamo come attuae paesaggi . I tagli colturali possono avere sia finalità produttive, puramente protettive, fitosanitarie ecc. e come scopo principale hanno sempre quello di assicurare la rinnovazione del bosco. Una corretta gestione attiva non può assicurare in assoluto la “sicurezza” (perché gli imbecilli sono tanti), ma una cosa è certa: un bosco non gestito è meno sicuro.
Posso essere d’accordo con lei Mariano, ma mi permetta di prendere spunto dalla sua osservazione, e mi lasci dire che è altrettanto inutile avere la patente e magari anche la macchina, se però non ci sono più strade da poter percorrere. Detto questo, mi rendo conto che si rischia di entrare nell’eterna diatriba del “è nata prima la gallina o l’uovo?”, perciò, per quello che può valere una chiacchierata su un blog, mi piacerebbe condividere con lei quelle che potrebbero essere le idee per cercare di trovare una “quadra del cerchio”. Certamente è ipotizzabile trovare una soluzione che sin dalle prime fasi possa conciliare una messa in sicurezza delle risorse con la creazione di opportunità economiche e occupazionali; ad esempio ricorrendo a lavoratori attualmente inoccupati, per iniziare le attività propedeutiche alla rivalutazione delle risorse territoriali, naturalmente supervisionate e gestite non da figure politiche, ma piuttosto da figure competenti e tecniche, selezionate per titoli e competenze, e non per amicizie e connivenze. La politica deve cambiare, non può pretendere di affondare le sue metastasi ovunque. La politica deve cercare le soluzioni e proporre diverse alternative, non pretendere di muovere e piazzare pedine a piacimento e secondo suoi personalissimi criteri. Questa è la mia opinione, ma non essendo un tecnico del settore, mi piacerebbe conoscere quelle che sono le sue proposte e opinioni, in quanto mi pare evidente, lei sia decisamente più preparato di me sul tema in questione.
Saluti.
Le questione è complessa e non può essere sicuramente risolta in un forum: posso dire che affinché la gestione non pesi tutta sulla spesa pubblica, è necessario avere delle entrate da usate per la manutenzione delle aree che per svolgere l’azione di protezione, essere efficacemente difese dagli incendi, ecc. comportano esclusivamente dei costi. Le aree produttive ci sono, ma non bisogna farsi prendere dalla fretta, ovvero cercare soluzioni estemporanee scelte sull’onda delle emozioni. Alla base della gestione deve esserci un documento tecnico fondamentale (piano particolareggiato), costruito su rilievi tecnici ( cartografia forestale, misurazione della massa arborea presente nelle parcelle, ecc), che individui, anche attraverso processi partecipativi, le principali destinazioni d’uso delle diverse zone (turistico ricreativa, produttiva, ecc.)e che in definitiva individui le scelte colturali e gli interventi prioritari, da rivisitare alla scadenza generalmente decennale. Bisogna anche creare degli operatori professionisti, che non sappiano solo usare il motosega, ma abbiano una preparazione in ecologia forestale: in regioni come il Piemonte possono eseguire i tagli solo operatori dotati di specifico patentino. Operatori non specializzati possono essere impiegati in attività di supporto (manutenzione sentieri, ecc). Siamo molto indietro, la strada da fare è lunga e darà i frutti a medio e lungo termine (fatto poco consono agli amministratori), ma ricorrere ad interventi di utilizzazione estemporanei non conduce a niente. Per certi versi siamo addirittura peggiorati: in passato l’interesse economico per il bosco comportava il rispetto di regole di gestione che, anche se non codificate, erano ben applicate dai guardiaboschi che conoscevano ogni pezzo di territorio e c’erano tecnici, come l’agronomo Pischedda che, quando diresse l’impianto della pineta, era sicuramente meno oberato dalla burocrazia e supportato nelle decisioni.
Credo che l’articolo di Mariano sia stimolante per far ragionare i nostri amministratori per la tutela dell’ambiente ed un suo ritorno economico che i bosco può creare. Gli amministratori locali negli ultimi decenni hanno visto il bosco come potenzialità, finalizzata ad “posti di lavoro”;tema esenzilae per la nostra società visto il grande problema della disoccupazione.Imille ettsri di Maguso dato in concessione ventennale all’Ente Foresta è solo l’ultimo atto politico delle passate amministarzioni comunali, dove per oltre l’assunzione di venti o venticique BUSTE PAGHE’ c’è nella convenzione con l’ente anche un ritorno economico anhe per la popolazione Villacidrese,che dopo circa 5 o 6 anni non c’è ancora stato, tipo la fluibilità dei sentieri dell’ente, cancelli aperti e il legnatico a prezzi economici per la popolazione, la potatura della foresta di magusu è mai iniziata ( un bosco di mille ettari)? I nostri amministratori sono capaci a sperperare i soldi pubblici, come negli anni 96-98 con assessore salvatore Piga dove dal tiro a Segno e in tutto il versante di Monte Omo furono messe a dimora da ditta specializzata moltissime FITOCELLE, con circa 300 ml euro di progetto, ma nessuna piantina attecchi in quanto, con l’arrivo del caldo si seccarono.Non si possono fare simili interventi eppure il comune nel
Corrego gli anni prima riportati, sono gli anni 2006-2008 (e non 1996-1998 ) con sindaco Franco Sedda e assessore all’agricoltura Salvatore Piga – per rendere l’idea ipotizzata da Capron 3 sui nostri amministratori, il direttore dei Lavori di quello e altri interventi sul versante di Monte Omo, erano e sono ancora affidati ad Alessandro Piga geologo e figlio dell’allora ASSESSORE e oggi presidente della VILLASERVICE; questo ci fà capire la loro sensibilità politica, ultimamente anche “arruolato” nel nuovo progetto in cantiere in questi giorni nel costone di monte Omo e andando in pianura nel Mega Progetto del foltovoltaico a sa MANDARA, a Villacidro cisono anche altri geologi che vevono lavorare e non trovano spazio, chissà perchè? Dicevo che nel comune esiste anche un dipendente con la qualifica di Dottore in agraria, ed era evidente che quelle fittocelle non potevano attecchire, andavano a morte sicuar. Ma questa è la politica a Villacidro nelle politiche del territorio montano.Buona serata a tutti.
Penso che oramai sia improduttivo insistere troppo su un rimboschimento mal riuscito: nella successiva operazione le piante avevano attecchito eppure si è sempre punto a capo, per uno dei tanti incendi che da decenni interessano il monte Omo. Il fatto che sulla riuscita di un fatto tecnico si cerchino responsabilità politiche è indicativo di come questi, per primi, abbiano invaso direttamente delle sfere che non gli competono: perché prendersela con i politici per un operazione tecnica mal riuscita? Evidentemente la politica non ha funzionato nel modo giusto ed anziché creare chiarezza ha portato confusione. Sono discutibili le responsabilità del tecnico del Comune che, con le incombenze più disparate, che richiedono un primario impegno di tipo burocratico antitetico alla specializzazione, non può far fronte a carenze di base organizzative e di controllo che invece doveva creare la politica ( Dalla lettera di Palo Mori si intuisce che c’è un preoccupante disinteresse della politica nazionale. Fortunatamente in Italia esistono pure Regioni e Comuni virtuosi). La stortura della politica è quella di avere accentrato a se, di volta in volta e senza competenze, la soluzione e la gestione di singoli problemi annosi o di circostanza, producendo un sistema di discrezionalità che, anziché farsi carico di un generale interesse del territorio, giunge all’estremo a ignorare e giustificare anche pratiche di utilizzo prive di razionalità. Di fatto non si è mai attuata una politica forestale concreta e non si è mai investito per fare nascere una struttura tecnico-operativa stabile di progettazione, programmazione e coordinamento delle attività (che non può essere diversa da quella di una qualsiasi grande azienda o parco), messa in grado di camminare con le proprie gambe anche quando al Comune sventola una bandiera diversa. La politica seria dovrebbe partire da questo impegno e certamente dovrebbe correggere anche tante storture da lei ben evidenziate.