ASSEMINI. Natalino Sanna, 53 anni, ha una moglie e due figli, e da 12 anni c’è una nuova inquilina nella loro casa: la SLA. La Sclerosi laterale amiotrofica ha un decorso del tutto imprevedibile e differente da soggetto a soggetto, con esiti disastrosi per la qualità di vita oltre che sulla sua sopravvivenza. Questa malattia ha dei risvolti spesso terribili come la perdita della capacità di deglutizione e l’articolazione della parola. Il paziente che finisce allettato è in grado di comunicare solo con l’ausilio degli occhi, ma con l’aiuto di specifici macchinari riescono ad esprimersi con maggiore facilita, infatti con l’ausilio di un’assistente è in grado di scegliere le lettere con lo sguardo e formulare una frase.
È proprio così che mi sono fatta una splendida chiacchierata con Natalino. La prima cosa che ha voluto sottolineare è stata la sua preoccupazione per il futuro dell’Italia e della Sardegna: “I giovani non trovano più lavoro qua in Sardegna e sono obbligati ad andare fuori” – dice con gli occhi Natalino – “sono preoccupato per il futuro dei miei figli, qua non si trova più nulla ed è un peccato perché se solo il Governo si impegnasse di più per risolvere questa crisi, non ci sarebbe questa fuga all’estero. Questa malattia non è un problema per me, ormai sono abituato e rimango qui, anche se i medici mi davano per spacciato in due anni, voglio vedere i miei figli realizzati.”
Natalino è una persona molto forte e davanti alla sua patologia, che ormai lo tiene prigioniero all’interno del suo corpo, non si dà per vinto e tre volte alla settimana esce con la moglie a fare la spesa nelle piccole botteghe del paese, in modo da aiutarle, e in ognuna di queste fa una foto e la pubblica su Facebook promuovendola. Nonostante tutto Natalino non pensa a sé stesso ma alla comunità che lo circonda e lo sostiene. “Bisogna frequentare i piccoli negozi” – continua Natalino nel suo racconto – “e non fare la spesa sempre nei centri commerciali, perché altrimenti il paese muore. Io vado sempre nelle piccole botteghe e compro li, anche se ormai ho un’alimentazione artificiale tramite le macchine, mia moglie i miei figli mangiano cibo genuino comprato nei negozi del paese”.
I suoi occhi sorridono quando mi guarda e in un lui c’è quella luce di speranza che è rara da vedere in una situazione grave come la sua, la sua famiglia gli sta attorno premurosa, così come l’assistente e l’infermiera che ogni giorno si prendono cura di lui, ma in mezzo a tutta questa gente la vera star è lui, che cattura l’attenzione e riscalda i cuori di chi gli sta intorno.
Stare a contatto con persone come Natalino fa capire quanto i nostri problemi, in fondo, non siano poi così gravi. Per essere più felici, forse, dovremo imparare tutti a guardare con gli occhi di Natalino.
Federica Vacca
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