EDITORIALE. Quella brutta bestia circola nel nostro paese come se nulla fosse, anche a causa di un sistema giudiziario che consente a questi venditori di morte di agire impunemente. Questa è la droga: cocaina e ultimamente anche eroina. Famiglie distrutte, ragazzi persi nei meandri di una società difficile dove la disoccupazione ormai da troppo tempo ha preso il sopravento. La piazza dello spaccio si è spostata all’interno di locali pubblici, spesso utilizzati per mascherare la vera attività: spaccio di droga. Anche cosi ormai ci si rifornisce di cocaina, eroina e ogni altro schifo che prende l’anima delle persone. Difficile comprendere di cosa si parli realmente, quando non si conoscono tutti i retroscena di una vita familiare distrutta dal voler capire, a tutti i costi, cosa spinge un giovane a privarsi di quella libertà che la vita ti ha concesso. Tanti ragazzi hanno cercato di abbandonare quel mondo, ma c’è chi, fiutando l’affare, anche regalando qualche piccola dose o “pippotto”, riprende a vendergli la morte, sicuro che questo tornerà. E si che tornerà. Padri di famiglia annientati da situazioni incomprensibili ai loro occhi, spesso costretti a vedere i propri figli, sangue del proprio sangue, ridursi a rubare qualsiasi cosa per concedersi il lusso di una dose di droga. Importanti operazioni delle forze dell’ordine hanno smascherato, con nomi e cognomi resi pubblici, un sistema di spaccio da far invidia alle grandi città. Ma le lentezze burocratiche della Magistratura hanno reso spesso invano gli sforzi di uomini che hanno cercato, con immani sacrifici, di assicurare alla Giustizia certi personaggi. Pasta, cappuccino e cocaina! Pare sia questa l’ultima moda. In troppi non vogliono vedere, in tanti cercano di nascondere situazioni ormai sotto gli occhi di tutti. Mi chiedo cosa si debba fare ancora per cercare di debellare questo marciume e rendere Villacidro una cittadina migliore. Non aspettiamo sempre le tragedie per reagire, cerchiamo di incastrare questi bastardi e assicurargli un futuro meno roseo, magari dietro le sbarre di una cella. Adesso chi indossa una divisa ha un motivo in più per fare il proprio dovere. Basterebbe andare a prendersi un caffè.
Gianluigi Deidda