L’incendio che devastò la pineta: “Un anniversario che non vorremmo celebrare”

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Quattro anni fa, esattamente il 29 agosto 2007, bruciava Monti Omo e poi la pineta del Carmine.

Una tragedia che ha lasciato, in modo indelebile, il segno in tutti i villacidresi. Quel lontano 29 agosto, alla fine non è sembrato così lontano, quando, questa mattina, alla vista del fumo che avvolgeva la pineta sono riemersi i ricordi di quei tragici momenti.

Ogni anno ci ricordiamo di questo lutto allestendo una locandina che affiggiamo in diversi punti del paese.

Per non dimenticare. Senza voler fare retorica a buon mercato, voglio proporre alcuni passi di una lettera che pervenne al giornale Lettere Aperte (di cui ero Direttore Responsabile) e che fu pubblicata nel numero 11/12 (Nov.-Dic. 2007). Questa lettera, nella sua immediata semplicità, ripropone in termini drammatici ed estremamente realistici l’atmosfera di autentico terrore che invase l’animo di tanti villacidresi.

“…Un acre odore di fumo mi prende alla gola. Mi precipito fuori nel cortile ed il peggiore degli incubi mi si presenta davanti: sta bruciando la pineta, la mia, la nostra, tanto amata pineta! Ormai il fuoco imperversava alimentato dal vento a tratti molto forte. Le fiamme erano altissime e molto estese, si propagavano a una velocità folle, ormai si erano avvicinate alle case e già le evacuazioni erano state eseguite. Tante persone si davano da fare per dare una mano ma purtroppo il fuoco aveva la meglio. Eravamo in tanti fuori annichiliti dall’orrore che avevamo dinanzi, nauseati dall’odore del fumo e impietriti dall’impotenza, benché tante macchine dell’antincendio arrivassero a sirene spiegate. Finché non è arrivata la luce del giorno e sono intervenuti gli elicotteri a cominciare la guerra contro le fiamme per tutto il giorno, e il giorno dopo. E’ stata un’estenuante lotta per ritrovarsi gran parte della pineta e dei boschi ridotti a un paesaggio spettrale…”


Le parole di questa lettera non hanno bisogno di molti commenti. Quel che vorrei sostenere invece con energia è che la strategia dell’attenzione per l’ambiente sta sempre più diminuendo: basta osservare in che condizioni di estremo degrado sono ridotte le campagne, ricettacolo di immondezza d’ogni genere, la lontananza della casta politica da questi problemi, l’ostentato disprezzo praticato un po’ da tutti verso la natura, l’abbandono sempre più evidente della coltura delle campagne. A ben guardare è urgente riappropriarsi della finzione principale che ci caratterizza: far funzionare il cervello. Vittorio Arrigoni direbbe: “Restiamo umani”…

Gian Paolo Marcialis

Villacidro.info – lunedì 29 agosto 2011

26 COMMENTI

  1. Caro signor Giampaolo Marcialis, ha fatto bene a ricordare l’orrore che 4 anni fa al giorno d’oggi abbiamo vissuto col terrore negli occhi e con l’angoscia nel cuore….io non abito molto distante da quei monti meravigliosi che in queste foto sono raffigurati infuocati…ora i miei, anzi i nostri amati monti sono spogli, deserti, senza più un albero di pino che profuma al mattino di una natura incontaminata….peccato che al mondo esista certa gente così stupida da mettere a repentaglio la vita delle persone, e quella del proprio paese.Leggendo queste poche righe mi sono commossa…chissà se prima della vecchiaia riuscirò a vedere di nuovo il verde sui miei monti, chissà se i miei figli conosceranno quei pini che oramai non ci sono più…Io di sicuro gli porterò sempre con me nel mio cuore, e nei miei ricordi, sperando che mai più si ripeta una cosa simile!!!

  2. Cara lettrice che ti firmi “eri” mi ha colpito sapere che tu ti sei commossa. Ti voglio solo lanciare un messaggio. Non so che età hai. Ma ti faccio un augurio: sappi ancora provare passione, sentimento, voglia di fare. Sappi ancora INDIGNARTI! Sappi ancora IMPEGNARTI! Apri finestre nel MURO DELL’INDIFFERENZA!

  3. come stamattina vedere fumo dai monti di VILLACIDRO mi piange il cuore. quando ero piccolo mi si diceva che alla pineta del CARMINE il fuoco non camminava grazie alla custodia della MADONNA DEL CARMINE. oggi a distanza di anni mi viene da pensare che forse erano cose che qualcuno voleva farmi credere. secondo il mio modesto punto di vista il fuoco non camminava perchè, dall’anziano che in estate raccoglieva le pigne , e tanti ragazzi con i loro genitori pulivano le piante dai rami secchi, tutto serviva in primis a portare qualcosa da mettere nel cammino per l’inverno, e tenere il territorio pulito e controllato, secondo ad evitare i clamorosi scempi che da anni ogni estate siamo obbligati a vedere, sarebbe bene che a partire dagli organi competenti, rivedere un pò l’organizzazione del territorio, non rompere le scatole con chi si riempie un sacco di pigne secche, o con chi si fa una fascina di legna secca ,e anzichè spendere cifre folli con elicotteri e aerei antincendio, ripristinare i vecchi cantieri scuola come si dicevano un tempo , con personale a squadre per la pulizia e la custodia di tutto il territorio , obbligare a chi è proprietario di un qualsiasi appezzamento di terreno di tenenerselo pulito onde evitare danni per se e per gli altri, da come l’ho vissuta tutta la pineta e la foresta di VILLACIDRO e vederla oggi in queste condizioni mi fa talmente pena che non ho neanche il coraggio di farmi una passegiata. al PIROMANE dico se hai qualcosa da dire o rimproverare a qualcuno sfogati personalmente con loro, e non distruggere l’aria che respiri sia tu e forse tuoi figli e un domani tuoi nipoti, con tristezza nell commentare disastri simili vi saluto MARCELLO

    • caro marcello sono secoli che ripeto le cose che hai acennato tu. io ci sono cresciuta in quella pineta e vedo la differenza di quando ero piccola che scendevammo cun su fasci de sa linna ( naturalmente secca ) . e il posto era sempre pulito e se hai notato anche i pini non producono più le pigne di un tempo. forse talmente sono incazzati con l’uomo ( bestia ) che hanno deciso di scioperare anche loro ( per una giusta causa). primo penso che dovrebbero cambiare le regole di come gestire la montagna . poter raccogliere la legna e ripristinare la dolcissima capra nel suo habitat naturale. è un operatore ecologico a costo zero per il comune e la montagna ne trae il suo beneficio . invece in nome della civiltà stiamo permettendo questi scempi e abbiamo messo nel dimenticatoio le nostre origini contadine. che peccato !!!! ma sarà vero che siamo tutti ambientalisti ????? boh!!!!!!

      • La pineta non produce più pigne, o ne produce poche perché gli alberi sono troppo vecchi. Ripeto ciò che ho detto in un altro post: le pinete di pini mediterranei iniziano la decadenza ad 80-100 anni, e la coltivazione della pineta di Villacidro è avvenuta fra il 1888 ed il 1900, quindi è in piena fase di decadenza. La conseguenza inevitabile è una forte moria di alberi per invecchiamento che li predispone a maggiori attacchi parassitari e ne diminuisce sensibilmente la resistenza alla siccità. Ne consegue un forte accumulo di materiali combustibili, che in caso di incendio portano a sviluppare temperature superiori agli 800 gradi, quindi difficilmente controllabili. Fino a 40 anni fà anche le scuole venivano riscaldate con le pigne raccolte in pineta: un tempo la necessità portava inconsciamente all’attuazione di validi sistemi di prevenzione, che in primo luogo consistono nella riduzione del materiale combustibile. Ora non penso che sarebbero tante le persone che vanno a fare la fascina per riscaldare la casa, ma le biomasse sono diventate nuovamente importanti sul piano della produzione di energia e si possono organizzare sistemi di raccolta anche più efficienti di un tempo. Trovo assurda tutta questa attenzione verso le pale eoliche ed il mancato utilizzo delle risorse rinnovabili che abbiamo a disposizione nel territorio, dai residui di potatura a tutte le risorse forestali, ciò le produzioni legnose. Il fatto è che manca in generale il governo dei nostri boschi, che, con appropriati carichi e tempi di pascolamento porterebbe a valorizzare anche le produzioni zootecniche. La perdita è quindi economica ma anche colturale e culturale. L’ambientalismo vero deve essere basato sulla conoscenza e la scienza, tutto il resto diventa dogmatico. I talebani dell’ambiente (chiamarli ambientalisti è troppo) producono sicuramente più danni dei boscaioli che operano con conoscenza tecnica, dell’allevatore che conduce il proprio bestiame seguendo i cicli biologici e l’esigenza di rinnovazione della vegetazione. Sento spesso parlare di ambiente naturale è incontaminato: bisogna togliersi di dosso questa idea, il nostro è un ambiente profondamente modificato dall’uomo per soddisfare i propri bisogni ed ha quindi una grande necessità dell’azione attiva dell’uomo per mantenerlo nello stato che conosciamo. Il suo abbandono colturale equivale a pretendere che dei cittadini di New YorK, o, per stare in patria, di Milano, ma anche di Villacidro, debbano di punto in bianco e senza mezzi vivere nella foresta Amazzonica (penso che in pochi sarebbero in grado di sopravvivere). Ora abbiamo potenti mezzi tecnici per programmare una seria gestione del territorio, ma si preferisce fare proclami e promettere impegni che non possono essere mantenuti senza una visione organica del territorio e del lavoro necessario per mantenerlo produttivo e in buono stato. Il modo migliore per difendere il territorio non è l’abbandono ma il suo pieno e razionale utilizzo in tutta la sua potenzialità, che è cosa ben diversa dalla passeggiata domenicale.

        • prepariamo una lettere aperta. con tutti i suggerimenti di esperti, al Sindaco ed organizziamo una raccola di firme.
          10-12 mila firme dovrebbero essere piu’ che sufficenti per manifestare il malcontento e per ottenere un cambiamento delle regole non utili per il bene della pineta e del nostro patrimonio boschivo.
          Partecipiamo attivamente in modo pacifico forse mobilitandoci tutti non resterbbero piu’ insensibili a questo grave problema.
          Qualcuno esperto di come si puo’ organizzare il tutto lo si trova o si faccia avanti.

          • Caro Aritapi,
            non prendertela con me se la lettera aperta al sindaco non mi pare una buona idea.
            Credi davvero che il sindaco non conosca il malcontento dei cittadini? Credi davvero che il sindaco,la giunta,la maggioranza del consiglio comunale e anche parte dell’opposizione siano insensibili a “questo grave problema”?
            No!Sono sensibilissimi.Ma non vedo quale vantaggio ne possano trarre,loro. E soprattutto non lo vedono loro. Restituire ai cittadini il “possesso” delle pinete,dei boschi,del territorio villacidrese per gestirlo meglio di come lo hanno gestito “loro”,metterebbe in evidenza i “loro” fallimenti,la “loro” incapacità,la loro assoluta pochezza e forse farebbe terra bruciata proprio intorno a loro,e nessuno,nemmeno i lecchini più affezionati e più miopi avrebbero motivo di sostenerli e votarli. I loro interessi sono altri e lo dimostrano giorno per giorno con quello che fanno o,peggio,con quello che non fanno.Hai presente Berlusconi e i suoi lacchè? Per anni ha detto agli italiani che da noi non c’era crisi,che l’Italia era diversa da quei deficienti degli altri paesi europei,che gli italiani avevano e hanno i “fondamentali” e non sarebbero rimasti in mutande come i greci.E aveva ragione.Agli italiani non servono le mutande,ne fanno a meno.E quanto a mettere le mani in tasca agli italiani,sfido chiunque a metterle nelle tasche degli ignudi…
            Gli amministratori di Villacidro non sono diversi dal Berlusconi.E in più “loro” riescono a mettere le mani in tasca anche agli ignudi di villacidro.
            Chi ha “regalato” i boschi di Villacidro,l’acqua di Villacidro,le risorse di Villacidro ad estranei? Chi “controlla” oggi quel che resta delle pinete? Chi gestisce i territori comunali di Villacidro? Chi amministra il Consorzio Industriale? Chi “guida” Villaservice? Chi vuole spogliare Villacidro anche della risorsa “vento”?…che pure non è solo dei villacidresi?
            E si potrebbe andare avanti molto a lungo.

  4. Si andava a fare legna (secca) e si raccoglievano sacchi di pigne.Io e i miei fratelli,poi,in casa,davanti al caminetto che ci dava calore e luce (quella elettrica si teneva spenta perchè costava “soldi”,che erano sempre troppo pochi!) con un martello o una lima quadra,la stessa che si usava per le mandorle,rompevamo i pinoli fino a notte tarda.Per noi era un’occasione per non andare a letto con le galline, ma dietro questa sorta di semplice rito,quanta saggezza del popolo e quanta armonia con la natura! E le pinete erano fitte fitte,e gli aghi dei pini formavano dei letti sul terreno,finchè non venivano raccolti,agli inizi del bel tempo,dell’estate, perchè,ormai asciutti, diventa- vano pericolosi per la pineta stessa e utili per il camino.E stranamente i cosi detti “piromani”,che pure c’erano,non appiccavano incendi scientifici sui monti intorno al paese. Poveretti!…anche loro d’inverno facevano legna sotto quei pini.Sono proprio “solo” loro i responsabili dei fuochi estivi nei nostri ex boschi? Anzi, sono proprio loro i responsabili?

  5. ho trascorso tutta la mia infanzia a giocare sotto quei pini:uno dei ricordi più belli che ho è quando ,nelle giornate di vento,mi sdraiavo in silenzio sotto di essi,chiudevo gli occhi e ascoltavo il loro canto…..non penso che lo dimenticherò mai!:’)

  6. Lettera pubblicata nel giornalino Insieme – Fine 2007 –

    TERRA BRUCIATA…MA ANCHE PICCOLI SEGNALI DI SPERANZA
    Dalla strada panoramica ho preso il sentiero che porta fino alla cima di monte OMO, solo un colore predominante: il nero. Terra bruciata, alberi ridotti in cenere, che tristezza, che desolazione. Nel salire sul sentiero l’odore intenso della cenere quasi ti stordisce, incontro subito un Pino secolare crollato che ostruisce il sentiero, cerco di pensare quanto le fiamme fossero alte, provo a pensare le urla strazianti degli alberi indifesi, che gridavano aiuto all’uomo, l’uomo che prima ha piantato gli alberi, poi ha appiccato o permesso che il fuoco facesse terra bruciata.
    Proseguo la salita, con un senso di sconfitta e di rammarico, pensando che sicuramente nel mio piccolo un po’ di responsabilità a questa distruzione c’è l’ho anch’io. Dopo alcune decine di metri, nell’osservare un cespuglio di corbezzolo completamente bruciato, noto attorno alla base dei germogli verdi appena spuntati, che meraviglia la natura, il corbezzolo ha deciso di reagire al fuoco alla cattiveria e all’incuria dell’uomo.
    Sicuramente il silenzio della marcia contro gli incendi ha rotto gli schemi, i colori e le coscienze a una buona parte della cittadinanza, ora sta a noi non disperdere questa grande voglia di essere cittadini a tutti gli effetti, capaci di pensare e agire senza il bisogno che qualcuno pensi e agisca per noi, riappropriamoci del nostro paese, nei limiti consentiti.
    La salita si fa sempre più faticosa, il caldo afoso la mancanza dell’ombra che prima del fuoco era assicurata dalle chiome verdi dei pini e dei lecci, rendono la passeggiata difficile.
    Mi sarebbe piaciuto fare questa escursione prima che il fuoco distruggesse tutta la vegetazione, avrei senz’altro faticato meno e assaporato un’aria limpida e profumata, fortunato chi è riuscito a farlo.
    Arrivato alla cima lo scenario che i miei occhi riescono a vedere è spettrale, anche le pietre hanno subito l’infamia del fuoco, non è possibile che l’uomo sia stato capace di tanto.
    Certo con una prevenzione più attenta e con un maggior senso di responsabilità avremmo potuto forse evitare tanto danno.
    Ma c’è anche chi materialmente ha acceso il fiammifero, perché l’ha fatto? Dobbiamo pensarle tutte, sicuramente nessun motivo giustifica questa azione, ma è anche vero che ci dobbiamo porre questa domanda, quanta colpa ha la società nel creare simili individui? Siamo certi che la società abbia fatto di tutto per evitare simili distruzioni?
    Dalla vetta di monte Omo si riesce a vedere quasi tutto il paese e gran parte del Campidano; per un attimo ho trattenuto il respiro e con lo sguardo proiettato in lontananza ho assaporato la grandiosità dell’altezza dimenticandomi cosa è accaduto. Nel riprendere a respirare immediatamente l’odore di bruciato mi riportata alla triste realtà.
    Nell’affrontare la discesa, mi accorgo che anche i sostegni in legno, che delimitano il sentiero sono ormai cenere, rendendo il sentiero meno sicuro, un bel lavoro andato in fumo, tanti soldi della collettività andati in fumo. Tanti altri soldi della collettività ho sentito sono pronti o saranno stanziati a breve, per ricostruire quanto il fuoco con la fattiva collaborazione dell’uomo hanno distrutto. Speriamo che la coscienza di chi gestirà questi fondi sia buona consigliera, affinché i soldi siano spesi bene e in onestà, cercando di evitare gli errori fatti in passato.
    Si poteva evitare? La domanda è giusto farla, dovrebbe chi è investito di responsabilità rispondere a questa domanda con obbiettività e ragionevolezza…
    Nello scendere noto un signore che quasi furtivamente guardandosi attorno, toglie dalla macchina 2 bidoni di plastica e si avvicina a due piccoli alberelli rovesciandoci l’acqua, nel vedermi ha un attimo di imbarazzo, ma nel mio saluto accompagnato dai complimenti per l’azione che stava facendo, l’imbarazzo è scomparso. Mi ha spiegato che le piantine le aveva piantate cinque giorni prima, e che si era ripromesso di seguirle nella crescita, ma che provava quasi una sensazione di imbarazzo nel farsi vedere compiendo questo gesto. La società dovrebbe non far sentire in imbarazzo chi compie simili gesti, deve agevolare chi si impegna per costruire un mondo migliore.
    È chiaro che tutto va riportato nei limiti delle leggi e dei regolamenti, ma bisogna che il politico non si lasci sfuggire questa grande occasione, creando subito regole e spazi, nel nostro caso la ricostruzione della pineta, mantenendo viva questa voglia del cittadino di vivere in prima persona
    le fasi della ricostruzione della nostra pineta.
    Nel riprendere la strada di ritorno con la mia auto ho notato una cinquantina di piantine dall’aspetto giovane,sicuramente anche queste appena piantumate. In fin dei conti anche l’uomo quando vuole sa fare cose buone, non fermate gli uomini “di buona volontà” dategli subito la possibilità di dimostrare quanto sono capaci a compiere gesti positivi.
    Non vedo male l’idea di identificare subito delle zone pronte alla messa a dimora di piantine, e destinarle a gruppi, società sportive o comitati, che sono disposti a seguire la crescita delle piante e perché no anche eventualmente alla pulizia dell’area a loro destinata. Considerando che nella strada panoramica c’è il passaggio di un tubo d’acqua che proviene dalla diga di Coxinas, ma questa essendo vuota non è possibile prelevare l’acqua, allora perché non collegare questo tubo tramite un by-pass ai serbatoi dell’acqua potabile posti a pochi metri, e quindi predisporre nella strada panoramica vari rubinetti, questi sarebbero utili principalmente per due motivi: il primo, utilizzare l’acqua per un eventuale incendio, il secondo, utilizzare l’acqua per innaffiare nel periodo estivo le eventuali piante che saranno piantate.
    È solo un’idea, non cestinatela subito. Chiaramente i tecnici, gli amministratori, gli esperti, saranno in grado, me lo auguro, di valutare quali sono le azioni da prendere subito; la stagione delle piogge
    è alle porte e non bisogna sottovalutare questo dato. Non mettete a dimora alberelli a fine primavera, sarebbe come riaccendere il fuoco, un simile errore mi risulta sia già stato fatto, ricordiamoci. Villacidro 21 09 2007
    Villacidro 29-08-2011 Bisogna riprovarci, senza retorica, senza divisioni, senza accuse gratuite, l’obbiettivo è più importante di qualsiasi egoismo o spirito di protagonismo. L’uomo deve riprendere in mano la situazione, deve prioritariamente adoperarsi in maniera seria per la tutela dell’ambiente, credo che il tempo delle parole stia per finire, mi auguro che questo sia ormai chiaro a tutti. Le soluzioni sono sicuramente molteplici, molti esperti le hanno anche più volte esposte, il problema e che spesso la troppa teoria ha messo da parte l’azione manuale. Per vedere dei risultati i tempi saranno lunghi, non sarà sufficiente solo la piantumazione degli alberi, ma un programma serio che preveda anche la cura ed il controllo del territorio. Di pari passo si deve lavorare affinché le istituzioni e tutte le agenzie educative del territorio lavorino incessantemente nella divulgazione di una cultura improntata alla conoscenza e al rispetto della natura. La famiglia e la scuola hanno un ruolo sicuramente importante nel trasmettere ai ragazzi questo messaggio. Troppo spesso i cittadini hanno la convinzione che la delega data al politico, tolga la propria responsabilità nel far parte attiva del controllo e governo del territorio, spesso questo fa comodo al politico, invertiamo questa tendenza partecipiamo seriamente alla vita pubblica, il territorio ed il paese ne hanno bisogno. Auguri di un buon lavoro a tutti

  7. molto commovente @sorgente.
    Mi permetto di considerarla la lettera aperta che si dovrebbe scrivere alle autorità e ai cittadini.
    Spero tanto che tutti la leggano e che rifflettano,armandosi tutti di buona volontà e lasciando da parti i rancori si potebbe ricominciare non importa se i tempi saranno lunghi:L’importante è ricominciare.

    • a villacidro? impossibile. All’indomani dell’incendio ci furono riunioni spontanee di cittadini per ricostituire la pineta.
      il risultato fu una divisione tra le idee e si finì per non farne nulla. il risultato è sotto gli occhi di tutti.. solo qualche pino è stato impiantato, con l’impegno di Antonio Saba e altri che non conosco. Al resto dei 14.000 abitanti in fondo in fondo non importa della pineta.

      • Proviamo a cambiare questa tendenza che ci porta sempre a dividerci anche di fronte a obbiettivi importanti come è quello della salvaguardia dell’ambiente. Antonio Saba e qualche suo amico in fin dei conti ci hanno provato e continuano a lavorarci, ci vuole tempo e molta pazienza. Stanno seguendo una piccola superficie non inserita nell’area che ha in gestione l’ente foreste. Tutti i cittadini possono e dovrebbero partecipare attivamente al miglioramento del decoro del nostro territorio. Sino a quando nei nostri pensieri prevarrà l’idea che siccome paghiamo le tasse, lo stato deve provvedere a tutto, non si andrà da nessuna parte. Sino a quando le persone continueranno ad attendere che a risolvere i nostri problemi siano gli altri, si farà fatica a vedere dei miglioramenti. Non aspettiamo che siano gli altri a pulire il tratto strada dove si affaccia la nostra casa, manteniamo pulite le nostre campagne, non buttiamo i rifiuti per strada , impegnamoci maggiormente a fare una raccolta differenziata sempre più attenta e proficua, come vedete basterebbero poche azioni per migliorare la situazione, a queste azioni ognuno di noi può aggiungerne tante altre che certamente contribuirebbero ad avere un paese migliore.

        • Sono d’accordo per una maggiore civiltà dei cittadini ed una maggiore partecipazione, ma dal momento che ognuno ha i sui impegni di lavoro, i suoi problemi che possono lasciargli poco spazio per pensare e fare altro, e dal momento che siamo in una società dove paghiamo le tasse per avere dei servizi e pagare, dare l’indennità, dare il vitalizio (chiamiamolo come vogliamo) a chi deve amministrare (non sono generici altri ma hanno identità ben precise in tutti i livelli istituzionali)non dobbiamo aspettarci che risolvano i problemi, ma bisogna pretenderlo.

  8. Vanno bene e sono lodevoli tutte le iniziative, ma queste non possono essere risolutive: non si deve guardare solo agli alberi da impiantare, ma alla gestione complessiva del patrimonio montano, alla necessità di rinnovare le superfici invecchiate, alla regolamentazione di tutte le attività. Non guardiamo solo le parti di pineta bruciata: se ogni anno che passa muoiono, per invecchiamento, malattie, ecc. sempre più pini e non ne nascono di nuovi, si arriverà al punto in cui la pineta scomparirà comunque; se questo avviene in qualche decennio anziché in un giorno a causa del fuoco la sorte della pineta non cambia. Inoltre non è solo la pineta che ha bisogno di attenzioni ma l’intero patrimonio forestale. Siamo realistici, una cosa è gestire volontariamente piccole superfici, ben altra cosa è interessarsi di migliaia di ettari. Oltretutto bisogna tenere conto che per fare gli interventi su larga scala è necessario un progetto di gestione approvato dal Corpo Forestale, dall’Ufficio Tutela del Paesaggio, dal servizio SAVI (valutazione di incidenza ed ambientale, perché siamo in un sito di interesse comunitario). L’unico modo per proteggere l’ambiente è farne un sapiente e continuo utilizzo anche di tipo economico e attuato da professionisti (tecnici e maestranze specializzate nelle diverse attività), bisogna esserci dentro e lavorarci con continuità, altrimenti si continuerà solo ad indignarsi ed a sognare mentre l’abbandono ed il degrado continuerà ad avanzare.

    • Buongiorno, concordo con Lei circa il fatto che la gestione del patrimonio ambientale va pensata in modo generale e richiede attenzione a molti aspetti. Vorrei però chiederLe se secondo Lei su un terreno sfruttato per decenni dai pini si possono effettuare piantumazioni di differenti specie e varietà, casomai meno acidificanti del terreno, con maggiore superficie fogliare e con maggiore assorbimento di CO2 rispetto ai pini. Grazie.

  9. Non sono assolutamente un tecnico. Non so quanta vita hanno le pinete come quelle che i nostri nonni e bisnonni villacidresi avevano piantato e noi villacidresi abbiamo distrutto. Non so nemmeno se il pino è una pianta “giusta” per i nostri territori.Ho spesso sentito dire che mentre nei dintorni di Villacidro pare che la gente avesse in odio gli alberi, i villacidresi amavano piantarli anche dove non avrebbero dovuto. Era solo una leggenda di campanile? Angelo Pinna, il sindaco di Norbio, seppure romanzato, non si fermò di fronte alle difficoltà interne ed esterne a Villacidro, e ha regalato un patrimonio senza prezzo a 4/5 generazioni di villacidresi. Senza porsi troppe domande “tecniche”. Servono davvero tutte le questioni tecnicistiche per ricoprire di alberi i nostri desertificati monti? E’ proprio vero che le stesse leggi, i regolamenti, la normativa “impediscono” la ricostruzione dei boschi? Oppure è un pò vero che anche le pinete, i boschi, gli incendi, i rimboschimenti sono diventati “strumenti” della politica che i cosidetti “politici” usano secondo convenienza di parte? Oppure è vero che quei 14000 villacidresi citati in un post precedente semplicemente se ne fregano o non vedono il problema perchè interessati da problemi quotidiani più urgenti come il lavoro? Se così è,a Villacidro come in tutta la Sardegna, forse il vero problema non sono gli incendi, ma la “conoscenza”, cioè l’istruzione, cioè la consapevolezza – la mancanza di consapevolezza – dei luoghi in cui viviamo. E se fosse proprio questa la nostra grande carenza?

    • L’agronomo Pischedda che diresse la coltivazione della pineta nel 1888 fecce una scelta appropriata, poiché, se il territorio era privo di alberi e quindi arso dal sole, come viene descritto in letteratura, non c’era altra scelta valida per ricostituire il bosco. I pini (in particolare il pino d’Aleppo)sono specie pioniere che hanno la caratteristica di vegetare in spazzi aperti e terreni estremamente degradati e siccitosi ( In Israele il pino d’Aleppo si ritrova in climi predesertici, con precipitazioni annue di poco superiori ai 200 mm). Il fatto che acidifichino il suolo, per altro già dotato di un’acidità stabile dovuta alla matrice granitica (mentre quella di tipo organico dovuta agli aghi è passeggera e non raggiunge livelli proibitivi per le nostre piante, in quanto e compensata dall’azione tampone del suolo e dai funghi che decompongono la sostanza organica in ambiente acido), non è un fatto che pregiudica l’insediamento delle specie autoctone: l’erica, la sughera sono piante acidofile, il corbezzolo predilige i suoli acidi, mentre il leccio e la fillirea (arrideli) sono indifferenti.Inoltre i pini hanno accrescimenti anche 5 volte superiori rispetto al leccio ( riescono quindi ad immagazzinare da subito molta più CO2 delle altre piante, non è la superficie fogliare a fare la differenza, ma l’efficienza) e migliorano il suolo rapidamente predisponendolo all’insediamento di specie più esigenti. Infatti non è raro trovare piante di leccio sotto la pineta (nate spontaneamente per il trasporto della ghianda ad opera della fauna), le quali rimangono piccole e cespugliose quando disturbate dal pascolo o se troppo ombreggiate (diradamenti mirati di bassa intensità, ove queste sono presenti ne favorirebbero lo sviluppo). Mettere direttamente il leccio in un suolo nudo e scoperto porterebbe ad un sicuro fallimento, perché questa specie in età giovanile si avvantaggia dell’ombreggiamento laterale (diversa è la situazione in cui viene irrigato, ma allora non parliamo di rimboschimenti). Nel rimboschimento era presente in prevalenza il pino domestico, che ha tante proprietà comuni al pino d’Aleppo, ma è un po meno rustico e, soprattutto, non è in grado di disseminare e rinnovarsi in massa dopo il passaggio del fuoco, come avviene in quest’ultima specie: comunque se gli incendi si susseguono a distanza di pochi anni, prima che avvenga la nuova fruttificazione, anche questo si estingue. Nei progetto del Pischedda i pini vennero proprio impiantati per migliorare il suolo e favorire l’ingresso di latifoglie, ma per ottenere un rapido risultato si sarebbero dovuti fare una serie di interventi di diradamento mirati, totalmente ignorati dai suoi successori. Ora la situazione di certe aree è molto simile a quella di partenza.

    • La legge quadro 353/2000 vieta i rimboschimenti in aree percorse da incendio con contributi pubblici per 5 anni, salvo specifiche deroghe. In ogni caso per fare un rimboschimento (non parliamo di poche centinaia di metri quadri) è necessario presentare un progetto, la cui procedura di approvazione va a complicarsi per grandi superfici e nelle aree SIC. Inoltre, secondo la provenienza dei finanziamenti è obbligatorio l’appalto secondo le procedure Europee e Nazionali. Che i politici promettano facilmente mari e monti e si servano di tutto ciò che gli risulta utile non è una novità, la questione è fuori discussione. La mancanza di conoscenza e di consapevolezza è un problema, anche se penso che sia esagerato parlare di 14000 Villacidresi che non si interessano (Se parliamo di andare a fare gratis ciò che dovrebbe fare gente pagata è un altro discorso). Il problema è in che modo si interessano e quanti hanno una corretta conoscenza. In certi casi creano meno problemi quelli che si disinteressano completamente, che quelli che si interessano (anche troppo) in modo sbagliato e puramente ideologico o strumentale. C’è chi si oppone a tutto: se per esempio è necessario tagliare un albero decrepito, ché impedisce la crescita di un’altro albero giovane e vigoroso o che può diffondere patologie ecc., può spuntare sempre qualcuno che crea inopportuni allarmismi. Purtroppo, che piaccia o no, la cura e l’utilizzo razionale dei boschi si fa anche usando la motosega.

      • ma scusa anche per curare gli alberi e usare la motosega occorrono dei permessi particolari e si possono avere dei seri problemi burocratici?.
        Se cosi’ non fosse perchè non viene fatta una buona manutenzione dei boschi,per noncuranza di chi di dovere o perchè si oppongono i cittadini che come dici tu se ne interessano troppo ma non hanno la capacita’ tecnica per poter valutare quale sia la cosa migliore da fare.?
        Insomma ,il cattivo stato in cui stanno i nostri boschi è un problema economico,burocratico o solo un menefreghismo patologico verso il quale c’è poco da fare se non fregartene a tua volta?

  10. Il taglio di un singolo o più alberi va sempre valutato in relazione agli obbiettivi che si vogliono conseguire ed in relazione all’intero bosco. A seconda della condizione di partenza e degli scopi può essere opportuno tagliare tutti gli alberi, tagliarne alcuni o non tagliarne nessuno. La tecnica forestale cambia considerevolmente a seconda degli scopi e delle condizioni del bosco(rimane comunque implicita la finalità di perpetuazione del bosco). La cosa è diventata molto complessa e gli organismi che ne devono valutare la correttezza si sono moltiplicati più degli alberi: un tempo si considerava solo all’aspetto produttivo o di difesa idrogeologica, mentre nell’attuale società si aggiungono esigenze di tutela del paesaggio, di tutela della biodiversità, dell’aspetto turistico ricreativo, della prevenzione degli incendi, della conservazione dei saperi e degli usi locali ( il bosco di abete bianco impiantato dai monaci a Vallombrosa viene considerato una risorsa da tutelare, benché coltivato nella zona tipica del castagno, e quindi al limite del suo areale ed in condizioni ecologiche non ottimali), nonché il conflitto fra ciò che è scientificamente corretto, ma talvolta sconsigliabile nella pratica: per esempio, è scientificamente dannoso eliminare la materia morta dal bosco, ma se il bosco è a forte rischio di incendio è comunque meglio farlo, perché il passaggio del fuoco sarebbe di gran lunga più dannoso. Ogni situazione deve essere quindi valutata in modo complesso ed il modo migliore per navigare in questo mare di regole ed esigenze, è servirsi dei piani di gestione, che hanno lo scopo di conciliare posizioni ed esigenze talvolta contrastanti, senza compromettere l’uso multifunzionale del bosco e stabilire le operazioni tecniche da effettuare a seconda dei casi che si presentano. Questi piani devono essere presentati da chi è titolato a farlo ( in questo caso il Comune) e una volta approvati, attraverso tavoli tecnici più o meno lunghi e farraginosi, assumono valore di legge e vanno solo aggiornati periodicamente. Hanno il vantaggio di affrontare una sola volta la giungla burocratica evitando che, per ogni sasso da spostare, si facciano mille istanze. Questi filtri burocratici sono sorti per evitare la tendenza umana a porre davanti a tutto i propri interessi di parte che ruotano intorno al bosco: un produttore di legname tenderà a fare quanta più legna possibile e guarderà con più interesse gli alberi migliori e più grandi da abbattere (Non farà necessariamente un danno se il bosco ha un’attitudine produttiva e la sua morte favorirà la crescita delle piante da questo sottomesse, ma il danno può essere gravissimo se quegli alberi erano all’interno di un bosco con spiccata vocazione turistica dove costituivano un’attrattiva), l’ambientalista estremo non vorrebbe muovere una foglia, l’allevatore vorrebbe esercitare il pascolo anche in situazioni che crereano danni alla rinnovazione del bosco, ecc. Purtroppo anche chi fa le valutazioni non sempre è perfetto e libero da pregiudizi ed ideologie, ma questo accade in tutti i campi (l’uomo è perfettamente imperfetto e tali sono i meccanismi da lui creati) , ma, al di la di queste considerazioni, è sempre auspicabile che chi esegue materialmente i tagli sia una persona qualificata (in diverse regioni d’Italia, per esempio in Piemonte, esiste uno specifico albo degli operatori forestali, i quali devono avere un patentino al pari di chi si mette alla guida di una macchina) in grado di operare con professionalità e cogliere lo spirito dell’intervento (con una motosega in mano tutti sanno tagliare: ma con quale criterio?). Ripensando al discorso dell’informazione e degli inutili allarmismi, mi è venuto in mente quanto lessi, lo scorso anno, in un’editoriale pubblicato in una rivista forestale specializzata, dove si lamentava la superficialità con cui si trattano le questioni forestali: un ministro o meglio una ministra, invitata ad un programma televisivo si complimento con i conduttori per avere smascherato un grande scempio ambientale avvenuto in un bosco del nord Italia, nel quale, secondo il servizio, il taglio degli alberi era un disboscamento che aveva prodotto gravissimi danni ambientali. Il redattore, uno dei maggiori esponenti dei forestali in Italia (da non confondere con gli organi di polizzia giudiziaria), spiegava, che in realtà, quei tagli facevano parte di una tecnica selvicolturale attuata da secoli che aveva sempre garantito l’utilizzo e la rinnovazione di quel bosco che era e rimane un’importante risorsa economica delle popolazioni locali. Veniva quindi rimarcata la superficialità con la quale il conduttore, e soprattutto il personaggio politico, avevano trattato l’argomento con superficialità ed in modo ideologico, senza avere l’accortezza di informarsi dagli esperti del settore, con l’aggravante di avere diffuso delle informazioni devianti sulla realtà del lavoro in foresta. Chissà quanta gente, vedendo la trasmissione e credendo di fare un atto eroico, ha fatto denunce per casi analoghi, mettendo anche nei pasticci gli operatori, che magari sono finiti davanti ad un giudice che, capendo poco in materia e ingannato da una cattiva informazione, li ha pure condannati.

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