Cronaca dell’ultima utilizzazione boschiva nelle montagne di Villacidro

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Un contributo alla conoscenza del territorio.

Premessa. Penso che non tutti ricordino l’ultimo taglio boschivo fatto a Villacidro, e anche chi ne ha un ricordo difficilmente conosce  i dettagli  sulle produzioni ottenute ed i risvolti occupazionali, tecnico-economici ed ambientali che lo hanno caratterizzato. Il taglio, attuato nel bosco comunale di Narti, ha avuto inizio nell’annata silvana 1988/89 in seguito alla concessione di 750 ettari alla cooperativa Norbio. In accordo e collaborazione con il corpo forestale, dopo una preliminare fase di formazione delle maestranze, hanno avuto inizio i lavori sul versante esposto a nord, che si sono conclusi nell’annata silvana 1996/97 nei canali di “Trebini”, ubicati nel versante opposto. L’intervento è stato attuato procedendo per stralci esecutivi la cui progettazione è stata inizialmente effettuata dal progettista esterno Dott. Forestale Mario Balata ed è poi passata al sottoscritto che è entrato a far parte  dell’organico della cooperativa nell’anno 1992.
Questo mi ha consentito di approfondire la conoscenza del territorio e delle formazioni boschive, anche attraverso la raccolta di dati che ho sempre custodito e che mi accingo a rendere pubblici con il presente articolo.

Le produzioni. Per la stesura del “piano dei tagli” da sottoporre all’approvazione del Corpo Forestale e Vigilanza Ambientale (CFVA), si sono resi necessari specifici rilievi che vengono attuati mediante aree di saggio rappresentative: si tratta di superfici di dimensione nota sulle quali vengono misurati i diametri di tutti gli alberi presenti e l’altezza degli alberi modello, per pervenire alla cubatura del bosco e quindi alla massa legnosa presente.
I dati rilevati nelle aree di saggio effettuate nel versante sud e rapportati alla superficie di un ettaro, sono quelli esposti nella tabella qui sotto:
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Anche i non addetti al settore possono constatare che la provvigione (colonna provvigione totale ), ovvero la massa legnosa presente, non è risultata costante in tutto il versante ma presentava un ampia variabilità, con minimi di 227 quintali ad ettaro e massimi di 1.650 quintali ad ettaro. Il primo dato corrisponde alle formazioni situate nelle aree dove sono presenti forti limitazioni dovute alla natura del suolo, che talvolta, ma non sempre, ha risentito di un eccessivo sfruttamento avvenuto in passato attraverso tagli particolarmente intensi ed il pascolo: in queste aree è stato opportunamente evitato il taglio, sia per la bassa convenienza economica, sia per motivi ecologici che, in questi casi, sconsigliano interventi di utilizzazione.

Generated imageLa produzione massima si riscontra invece nei fondovalle, dove avviene l’accumulo dei materiali terrosi che costituiscono spessori di suolo più rilevanti e fertili, anche per una maggiore disponibilità idrica.
Nella tabella affianco vengono invece riportati i dati relativi alle superfici utilizzate ed alla produzione legnosa ottenuta nelle diverse annate silvane:
Si può notare che all’ottavo e al decimo anno la produzione ha registrato i valori minimi, perche il taglio ha interessato superfici meno estese e con proviggioni di circa 400-600 quintali ad ettaro, sulle quali è stato rilasciato un consistente numero di alberi: in generale molti di più di quanto normalmente viene rilasciato nei classici interventi di utilizzazione.

In un area test di discreta produttività, sono stati effettuati dei rilievi prima e dopo il taglio e si sono riscontrati i seguenti valori:

Dati riferiti alla sup. di un ettaro
Generated image Dal dato emerge che il quantitativo di legna rimasto nel bosco dopo il taglio (il 26% circa della provvigione totale) è superiore a quello dell’area a provvigione più bassa (area di saggio 6 della prima tabella), che il numero di fusti rilasciato è quello normalmente presente in una fustaia matura ed è quasi il triplo rispetto a quanto stabilito dalle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale (PMPF), che è di 150 piante/ettaro per i boschi situati su suoli in pendenza.
Bisogna precisare che non c’e corrispondenza fra il  gran numero di fusti abbattuti ed il numero di alberi, in quanto molti fusti (polloni) si sviluppano dal medesimo albero (più propriamente dalla ceppaia) per effetto dei precedenti tagli, anche in modo consistente: 5-6 fino a superare una decina di polloni per ceppaia. In pratica  nella maggioranza delle ceppaie è stato rilasciato almeno un fusto.

Il lavoro e la vendita del legname. Se si escludono le ultime tre annate silvane, in cui le superfici assegnate ed ancora utilizzabili erano in forte diminuzione, il numero di persone occupate, pur a carattere stagionale, superava normalmente le venti unità lavorative (generalmente 22-26), compreso il personale addetto all’attività d’ufficio ed al servizio di consegna a domicilio che la cooperativa forniva ai cittadini Villacidresi, che ne facevano richiesta, a prezzi inferiori a quelli di mercato. Nell’annata silvana 1990/91 il prezzo di mercato era di 22.000-23.000 lire al quintale, mentre la cooperativa la vendeva a 16.500 lire al quintale, inoltre venivano versati al Comune ulteriori 1.520 lire per ogni quintale venduto.

Conclusioni. Si è sempre detto che Il lavoro in foresta è il più duro dopo il lavoro in miniera, ed è certo che i margini di guadagno sono sempre risicati se non addirittura negativi. Tuttavia bisogna considerare che il principale prodotto, rappresentato dal legname, è una fonte energetica rinnovabile ancora molto in uso nella comunità villacidrese ed è diventato altamente competitivo rispetto ai combustibili fossili. Si stima che per produrre l’equivalente di energia fornita da un litro di gasolio occorrono mediamene 3 Kg di legna (in caldaie ad alto rendimento), pertanto il legname lavorato nei dieci anni di attività della cooperativa equivale ad oltre 4.000.000 di litri di gasolio (valore attuale 6.800.000 euro). Dall’anno 1999 ad oggi c’è stata una grande evoluzione dei sistemi di combustione e sul mercato esiste una vasta gamma di bruciatori ad alto rendimento adatti per usi domestici e grandi edifici (palazzi, centri commerciali scuole ecc), che possono essere alimentati anche mediante gli scarti di lavorazione del legno (fascina) che negli anni 90 venivano rilasciati in buona parte nel bosco per motivi tecnico-colturali, ma soprattutto per la mancanza di un mercato (anticamente la fascina era molto richiesta per la cottura del pane nei forni a legna). Infine si deve considerare che contrariamente a quanto avviene nella combustione di prodotti fossili, la combustione della legna non produce nuove emissioni di anidride carbonica, poiché questa emissione fa parte di un ciclo biologico (purtroppo non si possono ancora evitare le emissioni prodotte dalle macchine usate per il taglio ed il trasporto). Una seria pianificazione delle nostre risorse forestali ci consentirebbe quindi di ottenere una quota energetica fatta in casa, con ampi benefici a vantaggio della comunità.

Note:
Provvigione = Capitale legnoso formato dal volume totale degli alberi in piedi in un azienda forestale.
Ceppaia = Parte viva dell’albero che rimane dopo l’abbattimento.
Pollone = Fusto che si origina da una gemma situata alla base del tronco di una pianta che è stata tagliata.
Matricine = Pianta rilasciata durante il taglio di un ceduo col principale scopo di disseminare.
Bosco ceduo = Bosco trattato secondo il sistema colturale di governo a ceduo, costituito da fusti derivanti da  ceppaia.

Mariano Cocco

Villacidro.info – 25 gennaio 2012

7 COMMENTI

  1. Grazie per il contributo storico sempre attuale, vista la corsa a rendersi schiavi di sistemi di riscaldamento antieconomici, utili solo alla corrente trasversale chiamata progettopoli.
    Ma vorrei chiedere a Mariano Cocco, o a chi può dare risposte, come mai l’esperienza della Norbio è finita nel nulla, insieme ai posti di lavoro stagionali, al sicuro introito per il comune e al risparmio per i cittadini?

    • Bisogna constatare che la volontà e la qualità dell’azione politica rispecchia il livello dei cittadini: se quanto avviene su villacidro.info può essere considerato uno spaccato estendibile all’intera realtà villacidrese (spero di no, perche sarebbe molto triste) è sconcertante come l’interesse cada principalmente su fatti di cronaca che, fatti salvi gli omicidi della zona industriale, non hanno in realtà niente di eclatante e rilevante, mentre c’è una bassa attenzione su altri argomenti che hanno interesse collettivo. Per esempio, se si guardano gli accessi agli articoli delle sezioni ambiente e politica, raramente questi superano i 1000 accessi e quando gli superano passano diversi giorni, mentre gli articoli che riguardano arresti per furti e piccolo spaccio possono superare in poche ore i 2500 accessi. A quanto pare c’è più interesse per le disgrazie altrui che per un’effettiva ricerca del bene comune, che è la chiave per ridurre i fenomeni sui quali si concentrano critiche che non conducono a niente di positivo, se non infierire sulle persone ed i familiari che già vivono un dramma.

  2. Grazie Mariano per averci illustrato come l’uso intelligente della montagna può creare reddito e ridare nuova vitalità alle nostre foreste. Possiamo inserirla nell’elenco di fonti energetiche alternative e Villacidro grazie ad una natura generosa deve essere in grado di saperla sfruttare. Saluti Marco

  3. Le responsabilità degli amministratori ci sono state senza dubbio, poiché non sono stati in grado di dare un reale sostegno alla cooperativa attraverso la concessione di nuove idonee ad un utilizzo produtivo. Ma queste responsabilità sono state trasversali in quanto la cooperativa non ha avuto il giusto sostegno da nessuna forza politica, anche se a livello individuale c’è chi avrebbe voluto fare qualcosa. Quando entrai a far parte della cooperativa mi resi subito conto che con 750 ettari di superficie non si poteva garantire la continuità lavorativa di un impresa forestale di tali dimensioni. Infatti su una superficie di 750 ha, solo poco più di 200 ettari, sono risultati idonei ad un tipo di utilizzazione economicamente ed ecologicamente sostenibile. Per sensibilizzare l’amministrazione sulla necessità di pensare ad una gestione più razionale e complessiva del territorio montano, il 20 giugno del 1993 la cooperativa organizzo un convegno dal titolo “Gestione e sviluppo delle Attività Economiche nelle Aree Montane” a cui segui la richiesta di una concessione idonea al mantenimento di una dita forestale, che no può essere inferiore ai 2000 ettari, specialmente nei nostri monti, dove le aree inproduttive sono di gran lunga superiori a quelle idonee alla produzione di legname. In un primo momento sembrava ci fosse un grande favore ma poi non si fecce mai niente di concreto: ricordo il lavoro fatto con il presidente fino a tarda sera, per soddisfare le continue richieste che ci faceva la commissione agricoltura (un giorno il piano dell’occupazione, un giorno un elenco delle macchine e delle attrezzature, ecc). Nel frattempo sopraggiunse il cambio dell’amministrazione e si dovette riprendere il dialogo da capo, ma prima di ricevere ascolto la superficie adatta al taglio si è esaurì. La cooperativa, per assicurare gli stipendi in un momento di grande dificoltà, tentò la strada della vendita del legname importato dal continente, ma subì un attentato incendiario nel piazzale di deposito, dove perse il camion ed un transporter. Quanto fosse bassa la lungimiranza e la concretezza degli amministratori è chiaramente testimoniata da una riunione consigliare dell’epoca (mi pare del 2002) dove, un consigliere di minoranza, fecce una lunga disquisizione sul fatto che non era giusto dare la legna proveniente dal versante sud e dal versante nord allo stesso prezzo, manco si fosse trattato della differenza fra un abete di risonanza ed un abete bianco. Purtroppo tutti hanno ignorato e non compreso il grande lavoro fatto dai tagliatori, che non hanno di certo fatto un taglio grossolano e di rapina, ma hanno eseguito un taglio altamente professionale, attraverso il quale si sono corretti anche errori fatti dai precedenti utilizzatori, che per velocizzare il lavoro non esitavano a tagliare alto: quando neccessario, la base della pianta veniva scalzata prima del taglio, e questo veniva eseguito poco sotto il livello del terreno. Questa tecnica (chiamata tramarratura o taglio fra due terre), usata per rinvigorire i boschi cedui degradati, comportava una forte riduzione della produttività del lavoro ed un maggiore utilizzo di materiali di consumo, soprattutto catene per motosega, poiché capitava spesso che le ceppaie, durante la crescita, avessero inglobato dei sassi che rovinavano l’affilatura, che andava quindi rifatta a più riprese durante la giornata. Questo tipo di taglio ha dato origine ad alberi con maggiore stabilità strutturale, poiché contrariamente ad un fusto che si sviluppa da un taglio alto sulla ceppaia, il fusto che si sviluppa a contato con il suolo è in grado di emettere un proprio apparato radicale. E cosa non da poco, l’operazione è stata fatta senza gravare sulla collettività.

    • salve gia sarebbe pure bello dar vigore e vita alle nostre foreste parlo da tagliatore proffessionista c sarebbe lavoro x ventanni a partire dalla localita aletzia da cui o gli animali sin arrivare a magusu c canperebbero decine d famigle in un cantiere del taglio boschivo e legna x sfamare villacidro e dintorni ma sn lasciate a degradare a gli occhi di tutti che peccato !!!!!!

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