“E’ lei il rettore dell’università del saper fare”.Maurizio Pallante, uno dei teorici italiani della ‘decrescita felice’ – ricetta alternativa e innovativa per uscire dalla crisi non aumentando i consumi ma riscoprendo la sobrietà – ha individuato il “rettore” di questa università ideale nella signora Biagina, sessantasettenne di Villacidro, laureata all’università della vita. Con la pensione minima del marito, conduce una vita serena ed è anche riuscita a far studiare la figlia a Macerata, in una università vera.
Pallante ha incrociato Biagina, in una tappa del suo tour nell’Isola, durante una manifestazione organizzata dall’associazione Qedora, promotrice del progetto “Su Tempus Torrau” del quale fanno parte il “Movimento per la decrescita felice” e ‘Sardegna in Transizione’. L’associazione, che in pochi mesi ha raddoppiato il numero degli aderenti, aveva invitato Pallante alla prima “BioFesta di Primavera del Medio Campidano” per presentare il suo libro che s’intitola “La Decrescita Felice”.
Tra gli invitati – Roberto Spano, portavoce MDF Sardegna, Maurizio Fadda di BioSardinia ed Elisabetta Aru, che ha aperto la prima azienda avicola biologica certificata dell’Isola – c’era ancheBiagina Pirastu. L’incontro con la piccola donna di Villacidro ha molto colpito Pallante che, da allora, ne parla come di un esempio vivente del modello di sviluppo che sarebbe in grado di salvare l’Italia dalla crisi. Un modello, secondo Pallante, che andrebbe esteso all’intera economia del pianeta ora alle prese con Pil, debito, spread e, in definitiva, con troppi conti che non tornano.
Gentile, disponibile, sempre sorridente, Biagina ama definirsi “una persona semplice“. Raccoglie olive per fare olio biologico, cura l’orto, produce il pane con il lievito madre cotto a legna, la pasta fresca, i dolci, le marmellate, le conserve e i liquori. Rammenda le lenzuola perché “non si butta via nulla”. E non ha mai smesso di allevare galline, conigli, maiali. Non produce rifiuti. Governa la sua economia domestica secondo le regole e i criteri delle nostre nonne. Una quotidianità antica, la quotidianità del saper fare, che è diventata modernissima.
Perché – sottolinea Pallante – “nell’autoproduzione c’è la risposta alla crisi”. E c’è forse l’obiettivo di un nuovo sardismo che faccia della “sovranità alimentare” uno dei suoi principali obiettivi. Siamo ancora molto lontani: oggi, infatti, la Sardegna importa l’85% del cibo che si consuma nelle tavole dei sardi.
“C’è un doppio, e forse triplo vantaggio nell’agire così – afferma il teorico della decrescita felice parlando del metodo-Biagina –. Si hanno effetti immediati sull’economia reale, si avvia un cambiamento culturale attraverso la riappropriazione dei saperi tradizionali e si ridistribuiscono le risorse a partire dai bisogni reali della gente”.
Con Biagina “rettore dell’università del fare” si porta al centro della modernità il lavoro della terra, un lavoro antichissimo: “Si tratta solo di decidere di mettersi a dieta. All’inizio è impegnativo, ed è proprio per questo che bisogna essere fin d’ora consapevoli dei benefici che ne ricaveremo”. (Davide Fara)
Articolo tratto da SardignaPost