Colpo di scena in consiglio comunale per una richiesta di chiarimenti sull’illuminazione pubblica delle palazzine ex Ina Casa nella via Dante e la possibilità di parcheggiarvi. Ostruire il parcheggio “in modo tale da impedire l’uscita sulla pubblica via” porterebbe alla condanna per “violenza privata”.
La richiesta di chiarimenti un aula era stata fatta dal consigliere Gessica Pittau, allontanata in malo modo da una coppia di inquilini delle palazzine: “Tu non puoi parcheggiare qui, questa è una strada privata”. Pittau non aveva notato in quell’occasione nessun elemento che potesse far pensare che quella strada fosse privata, anzi, vi erano una serie di elementi, come illuminazione pubblica e numeri civici, che portavano a pensare che la stessa fosse pubblica.
Nell’ultimo consiglio comunale il sindaco Teresa Pani, “a seguito di un controllo della Polizia Locale” per verificare la situazione ha decretato che “la porzione della via Dante, all’interno delle palazzine ex Ina casa è a tutti gli effetti ad uso pubblico”.
In tanti anni, i residenti della zona hanno da sempre sostenuto a gran voce che quella strada fosse di loro proprietà. Ora la situazione potrebbe cambiare radicalmente e chi abitualmente parcheggia nella piccola via, di fatto creando problemi ad alcuni residenti in possesso di un area adibita a parcheggio, si vedrebbe costretto a rivedere il suo comportamento.
In passato sono intervenute le forze dell’ordine per dirimere una diatriba dovuta proprio al parcheggio di un auto. Il Magistrato dott. Giuseppe Buffone, in un articolo, di cui riportiamo solo una parte, scrive: “La fattispecie – Nella fattispecie, l’imputato, introdottosi con la propria vettura, in altrui area condominiale, aveva parcheggiato il mezzo in modo tale da impedire l’uscita sulla pubblica via all’auto della parte offesa, rifiutando di spostarsi una volta invitato da quest’ultima. Il giudice di prime cure aveva condannato l’imputato per violenza privata (che punisce “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa”). La parte ricorrente non aveva condiviso la sentenza di condanna e con ricorso aveva contestato, dinnanzi al Collegio degli ermellini, la configurazione del delitto ex articolo 610 Cp sul rilievo che, nella specie, avrebbero fatto difetto la violenza fisica ovvero la minaccia. E la Cassazione, con la sentenza in esame, da ragione al giudice di merito. Parcheggiare da “criminali” – Ad avviso della Suprema Corte “nel reato di violenza privata (articolo 610 Cp), il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà; nella specie, la sentenza ha descritto un fatto di voluta intenzione dell’imputato di mantenere il proprio veicolo – già parcheggiato irregolarmente in un’area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere (“condominio a lui estraneo”) – in modo tale da impedire alla persona offesa di transitare con il proprio veicolo per uscire sulla pubblica via, rifiutando reiteratamente di liberare l’accesso, pretendendo “con evidente protervia ed arroganza” che la persona offesa attendesse secondo proprie necessità (la “discesa” della sorella), e tanto basta per integrare la violenza quale normativamente prevista”.
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