Villacidro, la guerra santa dei coristi: “Parroco incantato da pettegolezzi, ci ha trattati come delinquenti”

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IL VUOTO LASCIATO DAL CORO NELLA CHIESA DI SANT'ANTONIO

VILLACIDRO. Vendesi coro inutilizzato causa disubbidienza. Il coro in questione sarebbe quello che da 25 anni anima la messa nella parrocchia di Sant’Antonio da Padova. Da circa due mesi, però, la formazione musicale è stata messa in soffitta dal nuovo parroco. A dire il vero, più che in soffitta, è stata proprio allontanata in malo modo. Il motivo? Padre Salvatore Saiu sintetizza la sua decisione in poche, lapidarie parole: “Non facevano quello che dicevo io”. Ma il coro replica: “Si è lasciato incantare dai pettegolezzi e ci ha trattati come delinquenti”.

SULLA SINISTRA PADRE SALVATORE SAIU

A scatenare l’ultima reazione dei coristi, dopo mesi di trattative inutili col parroco, è stata l’intervista rilasciata all’Unione Sarda. Dalle colonne del quotidiano cagliaritano, il sacerdote ha dichiarato che i motivi dell’allontanamento sono seri (ma li conoscono solo Dio e il vescovo), che il problema si trascinava da tempo e che lui ha solo tirato le somme, impresa che non era riuscita ai suoi tre predecessori. Un quadro a tinte fosche, un ritratto del coro decisamente negativo, al punto che i componenti si sono sentiti ingiustamente accusati: “Ha insinuato che siamo responsabili di cose indicibili, cosa avrà pensato la gente di noi, leggendo le sue parole? Non possiamo permettere che la nostra serietà e la passione con cui abbiamo frequentato la parrocchia vengano infangate in questo modo”, ribattono coristi e musicisti.

Che non hanno mai compreso per quale motivo padre Salvatore li abbia cacciati, loro che avevano attraversato indenni un quarto di secolo: da don Giuseppe Erbì a don Angelo Pittau, passando per don Piergiorgio Mudadu, don Antonio Massa e don Marco Statzu, tutti i parroci avevano apprezzato l’attività di questo gruppo, che non si limitava a cantare messa.

Tre anni fa però succede qualcosa: “Avevamo sempre animato la messa domenicale delle 11. Ma don Statzu, sulla scia delle altre parrocchie cittadine, ridusse a due le celebrazioni festive e assegnò l’animazione della messa delle 10 all’altro coro, composto da bambini e genitori”. Nasce qualche inevitabile frizione, poi tutto si ricompone e il giovane parroco attribuisce al “vecchio” coro la messa del sabato sera. Tutto fila di nuovo a meraviglia, anche dopo l’addio di don Statzu, che lascia la sede per problemi personali poco più di un anno fa.

La reggenza di don Pittau è segnata da un’intensificarsi dell’attività corale e da qualche screzio tra alcuni elementi del coro, che l’anziano sacerdote gestisce con sapiente equilibrio. 

A novembre 2016 giunge, da Tuili a Sant’Antonio, padre Saiu: “Probabilmente don Salvatore viene subito avvertito di queste frizioni e ci inquadra negativamente, creando ogni genere di ostruzioni al coro”, raccontano i componenti. Inizia a quel punto una logorante guerra di posizioni: al parroco non piacciono i canti che il coro propone e nemmeno gli orari in cui i coristi arrivano in chiesa per fare le prove durante la settimana: “Lavoriamo e non avevamo alternative alle prove serali delle 21”. Di fronte al suo atteggiamento di chiusura, i coristi chiedono a più riprese un incontro a padre Salvatore. Fatica inutile, il sacerdote oppone un netto rifiuto: “Ha sempre risposto che ci conosceva già, in realtà dava solo credito alle voci malevole, che ci dipingevano come persone moralmente non all’altezza. Ci ha persino accusati di essere stati causa dell’allontanamento di don Statzu, ma se avrà a cuore di chiedere al diretto interessato, scoprirà che le cose sono andate diversamente”. Per farla breve, il parroco arriva a imporre lo stop: “Ci ha chiesto di non animare più la messa vespertina, creando disorientamento anche tra i fedeli che ci avevano sempre apprezzato”. A quel punto il coro cerca di reagire. Non si contano i tentativi di riprendere il dialogo col prete, tutti vani. I coristi chiedono e ottengono udienza dinnanzi al vescovo: monsignor Roberto Carboni li rassicura, promettendo il suo intervento. In realtà si limita a spedire in parrocchia un manuale sul corretto utilizzo dei cori nella liturgia e lascia ampia libertà di decisione a padre Salvatore.

E padre Salvatore tiene fede alla sua missione di purificatore, confermando il suo fermo no al coro: “L’altra corale resta invece attiva e ci chiediamo il perché di questa scelta. Perché a noi viene impedito di animare la messa? Gli screzi nascono in tutti i gruppi, anche tra sacerdoti, che non per questo vengono allontanati dalle loro funzioni sui due piedi”, lamentano i cantori, che si sentono trattati da criminali. In effetti, forse sarebbe stato più prudente convocare il Consiglio pastorale parrocchiale, invece che dar peso alle dicerie. Atteggiamento piuttosto strano, in tempi nei quali le chiese non sono esattamente piene di fedeli, che un parroco si privi di un gruppo che contribuisce ad animare i riti religiosi: “Ha spazzato via una realtà consolidata, senza nessuna spiegazione chiara. Abbiamo chiesto solidarietà anche agli altri parroci del paese, ma hanno preferito non prendere posizione”. Come il clero, nemmeno le altre realtà parrocchiali si sono schierate a difesa dei coristi e persino qualche pia donna si affretta a puntare l’indice sul gruppo. I cui componenti, delusi, amareggiati e scoraggiati, ora temono una rapida disgregazione del loro gruppo. A memoria d’uomo, nessun assiduo frequentatore della parrocchia ricorda un evento simile.

Abbiamo provato a chiedere a padre Salvatore perché abbia deciso di defenestrare il coro. Le sue risposte hanno confermato che al momento lui si sente quasi un allenatore: “Ho deciso perché non facevano quello che dicevo io. E’ come nel calcio, quando uno non ti ubbidisce, tu lo vendi”.

Un uomo solo al comando, apparentemente dimentico delle raccomandazioni che gli fece monsignor Carboni il giorno del suo ingresso a Sant’Antonio, ricordandogli il suo compito di parroco: “Servitore della tua comunità, non un padrone, non quello che decide tutto, ma piuttosto colui che sa fare la sintesi dei carismi”.

A sei mesi da quel giorno, padre Salvatore recita invece proprio il copione di un padre padrone: “A me non interessa quello che dicono, sono io che devo decidere, mica loro”, precisa, riferendosi al coro appena cacciato.

Del resto, Gigliola Cinquetti non cantava così? E qui comando io, e questa è casa mia….

Simone Nonnis

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