La fondamentale differenza tra il sacrosanto e talvolta doveroso diritto di critica e le intimidazioni
IL COMMENTO. Durante l’ultimo Consiglio Comunale del 28 Novembre 2019, alla fine delle interrogazioni, quando si sta per avviare la discussione del primo punto all’ordine del giorno, il consigliere di opposizione Federico Sollai chiede retoricamente alla sindaca e al segretario comunale se la maggioranza ha i numeri per votarsi le delibere.
Infatti, affinché il Consiglio possa deliberare serve la metà più uno dei consiglieri, compresa la sindaca. Quello di Villacidro è composto da 16 consiglieri, ne servono perciò almeno otto più la sindaca; ma la maggioranza in quel momento ne conta solamente sette.
Sindaca e maggioranza tutta paiono cascare dalle nuvole, quasi non si fossero accorti di nulla.
Sollai, prende ancora la parola e in estrema sintesi dice: “Cortesia vorrebbe che in questi casi la maggioranza chiedesse ai consiglieri di minoranza di garantire il numero legale, ma voi non l’avete fatto. Se fossi un irresponsabile assieme alla minoranza tutta abbandonerei l’aula costringendovi ad annullare la seduta, ma non lo farò”.
In maniera poco ortodossa, nonostante la contrarietà della sindaca e pur essendo stata invitata da Sollai a tacere per non provocare ripensamenti, l’assessora Pittau interviene. E lo fa alquanto maldestramente. Non si sa a quale titolo, chiede lei, a nome della maggioranza tutta, “la cortesia alla minoranza di garantire il numero legale”. Riesce poi a prendere la parola la sindaca ma invece di rafforzare la richiesta dell’assessora chiede cinque minuti di pausa. Si pensa voglia consultarsi con la minoranza per giungere ad un accordo; invece, non solo non scambia neppure una parola con i consiglieri di minoranza ma mentre questi escono a prendere aria, dal capannello che si forma attorno ai banchi della giunta volano ingiurie nei loro confronti.
La ragione della sospensione si capisce subito dopo, quando dall’ingresso del municipio si materializza l’ottava consigliera di maggioranza. È evidentemente imbarazzata anche perché costretta a passarci davanti. E io non mi sono potuto trattenere dal chiederle se fossero andati a prenderla da casa con i carabinieri. Di questo episodio ne ho poi scritto sul mio profilo facebook chiudendo con queste parole: “Spero capisca che grazie a persone come lei una giunta di incapaci e spregiudicati con trovate di questo tipo sta tenendo in scacco il nostro paese”. Ma, a quanto pare, la consigliera in questione ha letto il mio testo come un tentativo di delegittimazione o addirittura di intimidazione. Per questa ragione vorrei far presente che la critica è un diritto sacrosanto e persino doveroso quando è rivolto a chi si dovrebbe occupare della nostra comunità e della nostra vita in generale.
Dirò di più: l’accusa di intimidazione è essa stessa un atto intimidatorio quando volta a zittire chi dissente.
Non è la prima volta che sindaca, giunta e consiglieri di maggioranza rivolgono accuse colorite e talvolta pesanti nei confronti di chi li critica, le cui vere ragioni risiederebbero, a loro dire, nella gelosia, invidia e addirittura odio.
Poiché, come ho scritto nel profilo della consigliera in risposta alle sue accuse, la maggioranza di cui fa parte, sostiene una sindaca che ha ricevuto il premio Ambrosoli – premio destinato a cittadini vittime di attentati o intimidazioni mafiose – si denoterebbe per la nostra cittadina la grave ipotesi di infiltrazioni mafiose. Conseguentemente, le accuse a me rivolte assumono una gravità rilevante e necessitano della piena assunzione di responsabilità da parte di chi le muove.
I consiglieri, di maggioranza e minoranza, in ragione della fondamentale importanza del ruolo ricoperto, per la tutela della democrazia delle istituzioni devono essere non solo rispettati ma protetti da ingerenze, intimidazioni e minacce. Capita invece che talvolta qualche consigliere di minoranza venga citato in giudizio da membri della giunta, confondendo questioni di natura prettamente politica con altre di carattere giudiziario, ciò al solo scopo di intimidire e impedire il normale svolgimento di vigilanza o della normale azione politica imposta dal ruolo. Il mio invito rivolto alla consigliera o chi per lei, laddove nel mio testo si dovessero ravvisare frasi minatorie, minacce, intimidazioni, insulti o illazioni, è pertanto di denunciarle, pubblicamente o anche per via giudiziaria.
In quest’ultimo caso può certo trovare valido supporto nella sua giunta, essendovi chi è già pratico di queste faccende anche se purtroppo in questa occasione, almeno per le spese iniziali, non sarà possibile avvalersi dell’autorizzazione di un qualche giudice per attingere dal conto di un tutelato. (a.m.)